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Florestano Vancini: un ricordo Un colpo di fulmine che diventa carriera e scelta di vita "Essere nati e cresciuti dentro le mura e fuori dalle mura aveva, ai miei tempi, un preciso significato. Ferrara sembrava come arroccata nei confronti di quella sconfinata campagna, povera e bracciantile, e  poi  mio  papà   era  soltanto  il postino di Boara….".   Florestano
Boldini a Parigi (1871-1886) Una grande mostra indagherà il rapporto fra Boldini
e l’impressionismo francese
Attorno alla metà degli anni Ottanta, Boldini realizza un dipinto di grande fascino che esula dall’ambito per cui è rimasto celebre, quello del ritratto. Si tratta della Cantante mondana, un’istantanea della Parigi di fine Ottocento e della vita che si svolgeva, nei caffè e nei salotti musicali che l’artista frequentava assieme ad amici e colleghi come Degas.
È una questione di sangue Considerazione estemporanea di un fotoreporter “dolomito-padano” Mia madre, alta, snella, di una bellezza anche volutamente poco appariscente; mio padre, al contrario, atletico, conscio del suo fascino, abbronzato dal sole di Cortina. Lei di buona famiglia ferrarese, diplomata al conservatorio, tutto tranne che sportiva; lui campione di sci e di hockey su ghiaccio e scalatore di montagne, discendente da una famiglia modesta, pionieri della fotografia in questo remoto angolo d’Italia.
Cronaca di un dissesto Luigi Franceschini e il Piccolo Credito, nei ricordi del figlio Ecco una bella foto “d’epoca” scattata nella nostra città di Ferrara sul piazzale di San Girolamo ( a sinistra si intravede la facciata del palazzo Mirogli-Tassoni ora sede della facoltà di lettere) ottanta anni fa. Pare una foto di turisti in giro per la città per scoprire le bellezze dei suoi angoli suggestivi e silenziosi...
Mistero e fili d’erba in Filippo De Pisis La ricomparsa dell’erbario raccolto in gioventù dal pittore ferrarese Molti protagonisti della cultura hanno allenato la propria sensibilità artistica raccogliendo erbe, fiori, fusti, da allisciare e comprimere tra fogli di carta “sugante”: i grandi naturalisti certo, che ancor oggi fanno ammirare –non solo ai botanici- preziose collezioni di campioni

Un fondo archivistico riscoperto

Scritto da  Barbara Ghelfi

I preziosi documenti d’archivio oggetto di questo articolo.Le carte dell’Agenzia di Ferrara nell’Archivio di Stato Estense di Modena.

Grazie al finanziamento della Fondazione Ermitage Italia sto conducendo un’indagine sulle vicende collezionistiche toccate ai rilievi eseguiti da Antonio Lombardo per i Camerini di Alfonso I sulla via Coperta e oggi conservati presso il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. La ricerca poggia sulla sistematica consultazione della documentazione appartenente all’Archvio Segreto Estense presso l’Archivio di Stato di Modena e nel corso di essa mi sono imbattuta in un importante nucleo di carte inedite che a mio parere è destinato a gettare nuova luce sulle vicende storico artistiche che hanno interessato Ferrara nel corso del Seicento e nella prima metà del secolo successivo. Quando nel 1598 Cesare d’Este abbandonò la città rientrata a far parte dello Stato della Chiesa, fece trasferire nel Palazzo Ducale di Modena la biblioteca, parte della quadreria e dell’archivio (il cosiddetto ‘archivio della grotta’ dov’erano conservati i documenti di cancelleria), lasciando nell’ex capitale del Ducato la restante documentazione. Con la Devoluzione ebbe così avvio un’amministrazione separata, iù tardi denominata ‘Agenzia di Ferrara’, cui fu demandata la gestione dei beni allodiali rimasti nel Ferrarese. Di tale patrimonio facevano parte sia le Castalderie dislocate sul territorio, sia gli edifici cittadini come il Palazzodi Corte e quello dei Diamanti, diventato sede del quartier generale dei funzionari ducali. Dopo il trasferimento della famiglia una parte dell’archivio dell’amministrazione della casa, a quel tempo probabilmente depositato nel Palazzo di Corte, assunse la funzione di archivio di deposito: il commissario che agiva per conto degli Este, trattando soprattutto delle rendite e dei diritti delle Castalderie, doveva avere a portata di mano i registri amministrativi, non solo per una corretta gestione dei negozi che proseguivano anche dopo la Devoluzione, ma anche per documentare i privilegi concessi dalla Santa Sede nel Ferrarese. Sul piano dei contenuti si riscontra una sostanziale continuità con le carte dell’amministrazione precedente; invece sul piano formale nasce un nuova serie archivistica nella quale vengono convogliati sia i carteggi dei commissari ducali e degli uomini di fiducia del duca a Ferrara, sia i registri di contabilità relativi ai beni sul territorio, questi ultimi, a tutt’oggi, totalmente inesplorati. Le vicende storiche del fondo si snodano in maniera non del tutto lineare: nel 1731 in netta discontinuità con il passato il duca Francesco III decide di lasciare ‘tutti gli effetti del ferrarese posseduti in passato’ alle sorelle, le principesse Benedetta e Amalia d’Este. Quali siano state le ricadute di questo passaggio di consegne lo si ricava dall’esame delle carte conservate nel fondo Amministrazione dei Principi dell’Archivio Segreto Estense, dove si rinviene un’ampia documentazione relativa all’Agenzia di Ferrara, in un arco di tempo compreso tra il 1731 e il 1746. Verso la metà del secolo, il volume degli affari nel Ferrarese dovette prosciugarsi tanto che tra il 1750 e il 1753 il duca si risolse a trasferire a Modena tutte le carte allora a Ferrara. Quello che l’archivista ducale Pellegrino Nicolò Loschi ebbe a definire ‘un grande ammasso di volumi e carte di ogni maniera’, venne depositato nel torrione orientale del Palazzo Ducale. Gli avvenimenti successivi fanno supporre che il materiale sia stato a più riprese smembrato e ricomposto; nel 1861 il ‘principe degli archivisti italiani’, Francesco Bonaini, responsabile di aver ordinato storicamente i principali archivi di Stato della Toscana, nel tratteggiare il profilo dell’Archivio Estense, menI preziosi documenti d’archivio oggetto di questo articolo.zionava i ‘Banchi’, definendo con questo termine un ufficio che erogava denaro e, per traslato, la serie corrispondente appartenente senza alcun dubbio all’Agenzia di Ferrara. Quest’ultima viene nominata per esteso, come insieme autonomo, solo a partire dal 1944. Oggi il fondo è composto da 160 buste che conservano i carteggi tra gli agenti a Ferrara e la corte modenese, parzialmente, ma non sistematicamente indagati dagli studi, e da 320 registri di contabilità, tutti inediti, suddivisi in diverse serie. Allo scopo di offrire una veloce carrellata che illustri la loro tipologia, va precisato che, oltre ai libri inerenti le Castalderie (Copparo, Belriguardo, Diamantina, Sariano, Vaccolino tra le altre), troviamo registri di entrata e uscita, debitori e creditori, un cospicuo numero di registri di mandati della cosiddetta ‘Camera del Diamante’, organo attraverso il quale venivano amministrate le proprietà estensi nel Ferrarese e ancora, libri degli affitti, registri del Banco (quelli menzionati dal Bonaini), registri del bestiame e libri diversi relativi al patrimonio. L’esistenza di una Camera ferrarese indipendente è un fatto di notevole rilievo: fino ad oggi infatti non si sospettava che per i beni estensi a Ferrara, dal Seicento in avanti, si fosse mantenuta un’amministrazione separata. Il ricco patrimonio documentario, che si presenta complessivamente in buono stato di conservazione, copre un arco cronologico che va dal 1598 al 1732. Benché questo materiale fosse già stato in parte schedato nel 1983 da Filippo Valenti per la Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani alla voce ‘Modena’, tuttavia non esisteva un indice analitico dei registri contabili, la cui inventariazione è a tutt’oggi in corso grazie al lavoro di Mario Bertoni, vice direttore dell’Archivio di Stato di Modena, di Cecilia Vicentini e di chi scrive. Sul piano strettamente archivistico le complesse vicende del nucleo documentario hanno determinato una situazione particolare, ma non inconsueta, dovuta al fatto che le filze di fatture compilate dalle maestranze per i lavori svolti nei cantieri ducali e le ricevute di pagamento emesse dall’esattore ducale, o maestro di conto, non si trovano più nel fondo in esame, ma sono confluite in altre serie archivistiche dell’Archivio di Stato di Modena e sono ora al vaglio della scrivente. Sarà possibile avere un quadro più dettagliato solo a catalogazione compiuta, quando si potrà analizzare la struttura interna della serie, ma è chiaro fin d’ora, come abbiamo già detto e al contrario di quanto si è sempre pensato, che tutti i beni ducali nel Ferrarese avevano un bilancio autonomo gestito dalla Camera del Diamante, istituzione facente capo a un Banco economico-finanziario gestito da famiglie avvicendatesi negli anni, come Algarotti, Aventi, Orsini e Zerbinati. Oltre alla gestione dei beni, dalla cura del bestiame alla riscossione di affitti e censi, all’Agenzia erano demandate le spese per i numerosi interventi di manutenzione delle fabbriche cittadine e per le imprese decorative promosse dal duca e dalla corte. Cercando di recuperare notizie sui marmi di Lombardo che ornavano i Camerini, oltre a ricostruire le circostanze del loro trasferimento a Modena e rinvenire le date di tali operazioni, il 1634 e il 1640, ho potuto reperire preziose informazioni sulla gran quantità di oggetti d’arte trasportati nella nuova capitale e su una serieAntonio Lombardo, La contesa tra Minerva e Nettuno per il possesso dell’Attica, parte dei cosiddetti Camerini d’alabastro, fu tra i tesori trasferiti nella nuova residenza ducale a Modena. significativa di imprese edilizie e decorative promosse a Ferrara nel corso della prima metà del Seicento. Le numerose novità che una volta terminati i controlli dei registri e delle liste delle maestranze, mi propongo di illustrare dettagliatamente, vanno dai pagamenti per il trasferimento a Modena dei quadri che ornavano gli ambienti della via Coperta e di Palazzo dei Diamanti (possiamo anticipare che dai dipinti rinascimentali vennero tratte copie da maestri del calibro di Scarsellino e Carlo Bononi), a imprese decorative condotte ex novo, fino a interventi di manutenzione e restauro delle fabbriche entro e fuori le mura, a dimostrazione che gli Este, sebbene lontani dalla vecchia capitale del ducato e determinati a trasferire a Modena complessi decorativi come la Cappella di Corte o i Camerini di Cesare a Palazzo dei Diamanti, continuavano tuttavia a intervenire attivamente nell’abbellimento degli edifici cittadini.