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Una Bibbia e l’eresia Si conserva all'Ariostea un importantissimo cimelio librario, la cui acquisizione scatenò polemiche quanto mai attuali Da tempo agli archivi, pubblici o privati che siano, viene riservata un'attenzione crescente, per l'importanza che essi rivestono come fonti nell'ambito della ricerca storica.  Duole  tuttavia  constatare che esiste una sproporzione abissale tra la "richiesta" di performance  ( documenti in consultazione o in riproduzione, ricerche minuziose, e quant'altro )  e  le  risorse
La Nebbia di Andrea Veronese L'amore sconfitto dalla passione politica nella Ferrara degli anni Cinquanta Avevo ricevuto da Andrea il suo romanzo con curiosità mista a qualche apprensione. Se non mi piacerà? Come farò a dirlo poi a un vecchio amico? Ma sono stato presto sollevato da quell'imbarazzo. Perché la narrazione fin dalle prime pagine mi aveva presto catturato, costringendomi a un piacere di lettura autentico e sempre più raro, tanto da farlo pubblicare nella collana di Letteratura curata per Corbo, dopo il romanzo
Ballando ballando I locali danzanti ferraresi, fra serate per debuttanti e nottate latino-americane "... Il Circolo dei Negozianti,  dove due volte al mese gli studenti organizzavano i loro pomeriggi danzanti. Di circoli a Ferrara ce n’erano due.  Il primo era l’Unione, detto anche Circolo dei Nobili perché in origine era strettamente riservato a chi aveva quattro quarti di  sangue blu. Poi col passare degli anni, il numero dei quarti necessario all’iscrizione era venuto via via diminuendo
Aggiornamenti sulla Collezione Costabili Non si fermano le indagini sulle vicende del grande collezionismo d'arte ferrarese La piu importante collezione di pitture a interesse locale nasce a opera del ferrarese Francesco Containi (1717-1778), che raccoglie alcune centinaia di opere e le lascia a Giambattista Costabili (1756-1841), dandogli la possibilità di unire al proprio il cognome dello zio. Oltre a conservare e ampliare il patrimonio ereditato, Giambattista provvede alla sua documentazione, in due momenti.
Sono nato nell’Istituto Agrario F.lli Navarra Il casuale ritrovamento del luogo natale durante una visita professionale Sono nato a Malborghetto di Boara  (Comune di Ferrara)  il 26 dicembre 1926, nella sede dell'Istituto Agrario F.lli Navarra. Mio padre aveva assunto da pochi mesi la direzione di questo Istituto, lasciando quella dell'Istituto Agrario di Fabriano (Ancona).  Nel 1929,  l'Istituto F.lli Navarra sospese le proprie attività e mio padre si trasferì a Catania e poi a Bari,  conseguendo la libera docenza

La Nebbia di Andrea Veronese

Scritto da  Roberto Pazzi

L'amore sconfitto dalla passione politica nella Ferrara degli anni CinquantaStazione Ferroviaria di Ferrara

Avevo ricevuto da Andrea il suo romanzo con curiosità mista a qualche apprensione. Se non mi piacerà? Come farò a dirlo poi a un vecchio amico? Ma sono stato presto sollevato da quell'imbarazzo. Perché la narrazione fin dalle prime pagine mi aveva presto catturato, costringendomi a un piacere di lettura autentico e sempre più raro, tanto da farlo pubblicare nella collana di Letteratura curata per Corbo, dopo il romanzo

Joanna. Luzmarina di Arnoldo Foà. Colpisce e seduce infatti, fin dalle prime scene, una vista lenticolare, che cala dall'alto lentamente, e s'immerge con determinazione e passione nelle cose che accadono a Ferrara, fra quel 22 ottobre e quell'8 dicembre del 1954, quando il bianco accecante della neve sembra riportare l'istriano Stefan alla luce di cristallo della Trieste da cui era partito. E ci si rende conto che si tratta di un romanzo intrecciato alla suspense di un giallo, una bella storia che si legge d'un fiato, immergendo il lettore in un'aura padana sofferta, amata, rievocata nella fedeltà alla trama di rapporti, umani prima che politici, viva nella Ferrara di quell'ottobre-dicembre 1954. Mi pare che sia di Thomas Mann l'affermazione che solo le cose precise possono essere poetiche. E Andrea Veronese prima di iniziare a scrivere, circa dieci anni fa Nebbia, si è con maniacale precisione riletto i giornali ferraresi di quei lontani giorni del nostro prossimo passato, scorrendo le cronache de "La Gazzetta Padana", de "ll Resto del Carlino", de "L'Unità"... Crepita sullo sfondo nazionale ancora l'eco tragica della guerra, con la successiva scalata al governo dei comunisti di Togliatti che - deposto il disegno rivoluzionario di Ercole Ercoli, come si faceva chiamare Palmiro durante la guerra partigiana -, hanno mutato tattica per ottenere il potere, contro una borghesia arroccata nei suoi privilegi, capace però di convivere con decenza e stile accanto al suo nemico. Davvero efficace ed emblematica la descrizione allo stadio comunale della tribuna della nomenklatura cittadina riunita per la domenicale partita della Spal: in poche righe splende il ritratto dell'Italia del dopoguerra con le sue forze politiche appena addomesticate dalla democrazia, il suo frontismo appena sopito, l'odio di classe fra comunisti e fascisti pronto a destarsi. La delicata storia d'amore fra Paola, figlia dell'assessore comunista, e Stefan, l'esule da Trieste, città della bora dall'aria di cristallo, attratto dalla nebbia di Ferrara, è il vero fiore lirico dell'opera. Che sboccia dalla lotta sotterranea fra Ghisiglieri, il comunista morselliano classico, e Capurso, il notaio molle e amletico, simbolo di una borghesia malata ma capace di tenere ancora a freno, col potere delle sue leggi, la baldanza massimalisticaIl Castello Estense di Ferrara rivoluzionaria. Felicemente rilevate le figure di Gaio, Lele, Farina, Ghisiglieri, Pocaterra. È nel tratteggiarle che Andrea Veronese mostra di sap er scolpire la psiche di un personaggio dai suoi abiti, dai suoi tic, da quel che tradisce nei gesti, nel dialetto. Nelle varie scene del romanzo non si perde mai di vista il filo rosso della stima per un nemico degno di essere combattuto. ll che colora di una sfumatura epica la lotta sotterranea, ma sempre all'ultimo sangue, che vibra in Nebbia. E della classica catarsi tragica si fa carico il sorprendente finale, dove si rivela tutto l'idealismo feroce della lotta politica, non estraneo alla concezione machiavellica del Male al servizio del Bene, con le tre figure di Massarenti, Livio e Ghisiglieri illuminate da una sinistra grandezza. La generosa concessione ai dialoghi della coralità di questa narrazione, sorveglia e frena forse un certo intenerimento lirico evocativo, attualizzando la vicenda e vincolandola alla neutralità del quotidiano. La scrittura risulta cosi efficace, agile, corretta, grazie a una vera fedeltà onomastica ai marchi scomparsi, al dialetto, ai nomi delle ditte e delle località, dei cibi e dei vini precisi, irripetibili, unici. Non una parola volgare, non un'espressione presa a prestito dal linguaggio cuprolalico caratterizzante tanta narrativa italiana che aduggia il lettore fra banalità di trama e microautobiografismo. In sintesi, la pietas laica di un mondo sempre colto da Andrea fra essere e divenire, divorato dalla consumazione, dallo spettro del Nulla consapevole in cui tutto verrà inghiottito, assolutamente privo di facili consolazioni religiose. Un mondo che chiede di essere salvato forse soltanto dalla scrittura, fermentando nella memoria anche grazie al gisto appena bozzettistico dell’aneddotica. Si esce dalla lettura con un ’aura di malinconia per lo scacco subito dalla passione amorosa, che nel contrasto di classe soccombe alle ragioni della Storia maggiore. E non si può non evocare l’ombra della grande favola tragica d’amore di Romeo e Giulietta, sconfitti dalle divisioni della politica, Ma il confronto verrà meglio accolto dal lettore di Nebbia se verrà ricondotto almeno al clima di divisione fra guelfi e ghibellini che vibra nel capolavoro di Shakespeare. Perché l`accostamento coglie un motivo di vera attualità di questo romanzo, considerando l’attuale feroce divisione del Bel Paese, che vive una versione aggiornata di tale dicotomica frantumazione, nello scontro politico in atto ormai da una lunga stagione di crisi. Tornando a Nebbia la persona di Andrea Veronese, ben nascosto nella sua opera, si tradisce forse solo  nella nobiltà della sconfitta del suo protagonista, probabile suo alter ego. E più ancora si rivela nell’antico sogno nutrito da Stefan Jugovic di andarsene per sempre dalla città. Sogno tipico non solo dei ferraresi, ma di chi ovunque soffra, nella permanenza dove gli è toccato di nascere, sulle orme di Giacomo Leopardi, la tarpatura delle ali verso l’avventura nel mondo oltre "questa siepe, che da tanta parte / dell’ultimo orizzonte il guardo esclude".