La scoperta di una singolare struttura geometrica in un affresco del XIII secolo ritrovato a Ferrara
Il 30 gennaio 2007, a palazzo Medici Riccardi, è stato presentato un manoscritto quattrocentesco, scoperto in quella biblioteca fiorentina dallo storico inglese James Banker, nel 2005. Il volume conteneva un trattato di Archimede sulle spirali, che comprendeva scritti e disegni geometrici. Il valore inestimabile dell'opera consiste nel fatto che tutto il testo è stato riconosciuto come integralmente scritto e illustrato dalla mano di Piero della Francesca. Nella stessa circostanza, il professor Carlo Bertelli, ritenuto universalmente il più importante studioso dell'arte di Piero, comunicava l'apertura di una serie di mostre e incontri, incentrata sulle opere del grande pittore (e matematico!) biturgense. Già, la matematica. Ho iniziato a esaminare, sulle ottime riproduzioni oggi disponibili, la struttura matematica di alcune linee curve, ricorrenti in tutte le più note opere di Piero. Le linee sono state identificate nella maggior parte come esponenziali, in base all'equazione interpolante; ma sono risultate presenti anche gaussiane e spirali. Devo subito precisare che non intendo assolutamente ipotizzare che Piero conoscesse la formula di queste equazioni. Ho usato i dati così ottenuti unicamente come "carattere oggettivo e quantitativo", diciamo pure come "una firma del pittore". Frequenti sono anche raffigurazioni di rettangoli, spesso impiegati da Piero per inquadrare figure da lui ritenute particolarmente importanti. Si tratta dei famosi rettangoli aurei, la più celebre scoperta della Scuola Pitagorica di Metaponto; il rapporto tra lato maggiore e lato minore di queste figure, indicato con PHI, è pari a 1,61808 ed è uno dei numeri più interessanti della matematica. L'esempio più evidente di figura aurea è il cartiglio che il profeta minore regge in mano, in un affresco dipinto da Piero della Francesca in San Francesco ad Arezzo; in questa raffigurazione è visibile la presenza di due gaussiane e di una spirale lituus, tutte inquadrabili appunto in rettangoli aurei. Le due curve che formano i bordi del cartiglio si intersecano e sono state inquadrate partendo dai punti che corrispondono ai valori massimi e a quelli iniziali delle due gaussiane. Dalla matematica, passiamo ora alla statistica: tra le curve esponenziali, molte sono risultate statisticamente omogenee (al test di Fisher, per chi volesse approfondire), formando gruppi variamente consistenti. Particolarmente interessante la composizione del più numeroso gruppo di dipinti, risultato, in base all'analisi della varianza, il più omogeneo statisticamente. Tra le sei opere così classificate, soltanto due (Il sogno di Costantino e Sant'Agostino), sono opere di Piero, le altre sono attribuite al pittore riminese di Pomposa e ad Antonio Alberti da Ferrara. In sostanza, questo gruppo mostra un legame, tra due dipinti di Piero e quattro opere di alcuni autori di ambito ferrarese, più stretto di quello riscontrato tra le due opere sopra citate... e alcuni altri dipinti dello stesso Piero: ad esempio il San Ludovico, il Sant'Agostino, la Santa Monica e altri. Ritenevo che la mia ricerca dovesse terminare a questo punto. Ma la Cassa di Risparmio di Ferrara mi ha presentato, in maniera del tutto inattesa, un argomento di ricerca di grandissimo interesse, tutto ferrarese: la Crocefissione proveniente dalla chiesa, attualmente dismessa, di Santa Caterina a Ferrara. La rivista "Ferrara. Voci di una città", ha pubblicato, nel numero 28 del giugno del 2008, la lunga e complessa storia di un ampio affresco, inizialmente presente nell'antica chiesa ferrarese, risalente al XIII secolo. L'affresco, che rappresentava una Crocifissione, fu staccato nel 1935-1936 e vent'anni più tardi fu musealizzato a Casa Romei. Dall'affresco originale, tuttavia, mancava un vasto frammento, raffigurante lo svenimento della Madonna, sostenuta da due Pie Donne. L'articolo citato ha finalmente chiarito la causa della mancanza di quel particolare tanto importante. Nel 1847, un pittore e restauratore ferrarese, aveva staccato proprio la parte dell'affresco raffigurante le Tre Marie, per dimostrare al Comune di Ferrara la sua abilità e assicurarsi così il completo restauro dell'opera. Della parte mancante, col passare del tempo, si erano poi perse le tracce. L'autore dell'articolo, Giovanni Lamborghini, è riuscito a identificare, con una serie di ricerche d'archivio, l'attuale ubicazione della parte mancante, ora custodita presso una collezione privata. Una riproduzione del particolare ritrovato è stata collocata nella parte rimasta vuota, cosicché, a Casa Romei, si può vedere oggi il dipinto nella sua interezza. Con il permesso cortesemente accordatomi dalla Cassa di Risparmio, ho potuto iniziare un esame matematico dell'interessante affresco. Trasferita la figura su carta millimetrata, ho determinato i centri dei tre cerchi che rappresentano le aureole delle Pie Donne. Il triangolo scaleno così ottenuto si è rivelato un'autentica sorgente di figure geometriche. Le lunghezze dei tre lati sono risultate, nel grafico che ho disegnato, le seguenti: lato A = mm 103; lato B = mm 81; lato C = mm 51. Allo scopo di permettere confronti matematico-statistici con altre opere pittoriche, ho impiegato un "parametro caratterizzante". È stata scelta la media aritmetica, ottenuta dai tre rapporti fra le misure dei corrispondenti lati; un algoritmo semplice, ma che ha già permesso alcuni interessanti confronti tra opere pittoriche esaminate in Umbria, in Toscana e a Pomposa. Nel caso specifico che stiamo esaminando, il calcolo applicato al triangolo ha condotto ai risultati seguenti:
A/B = 103/81 = 1,2716;
A/C = 103/51 = 2,02 ;
B/C = 81/51 = 1,588.
Il rapporto A/B approssima allo 0,032% la radice quadra del numero PHI; il rapporto A/C approssima all' 1 % il numero 2; il rapporto B/C approssima all'1,8 % il numero PHI. La media dei tre rapporti, 1,62653, approssima allo 0,53 % il numero PHI. È pertanto evidente che l'ignoto "Pittore dell'affresco ritrovato" è riuscito a impostare la disposizione delle tre aureole secondo uno schema geometrico-matematico improntato al rapporto aureo, nel quale figura anche il numero 2, caro ai Pitagorici. Un tale schema non può certamente essere frutto del caso, se si considerano i valori delle approssimazione sopra esposte. Non possiamo certo sapere se il pittore abbia applicato personalmente il numero PHI, oppure se abbia realizzato il dipinto su indicazioni di altra/e persone. Gli ulteriori disegni geometrici, realizzati in base alle dimensioni dei lati e degli angoli del triangolo, confermano, ad abundantiam, il rigore matematico della impostazione. È inoltre notevole, a mio avviso, il fatto che il rapporto di due dei lati del triangolo sia così prossimo al rapporto aureo; questo valore è osservabile di frequente nelle opere di Piero; ma, nella mia precedente ricerca, è risultato presente soltanto in figure rettangolari, almeno sino a oggi. Il rapporto tra lato e diagonale di questo poligono è pari al numero PHI, come scrive Piero della Francesca nelle sue due opere matematiche, il Liber Abaci e il Libellus de Quinque corporibus regularibus. Anche il matematico fra' Luca Pacioli ne parla nella sua De divina proportione. In conclusione: se si ritiene che l'affresco ritrovato sia stato realmente realizzato seguendo un progetto ispirato al rapporto aureo, occorre, di conseguenza, convenire che si tratta della prima riapparizione di una figura geometrica basata sul numero PHI, dopo l'età classica. Questa ricomparsa sarebbe infatti avvenuta nel XIII secolo, vale a dire ben due secoli prima degli affreschi di Piero della Francesca in San Francesco ad Arezzo.