Un sistema monumentale di rilevanza mondiale
Le residenze estensi nella provincia di Ferrara costituiscono un insieme monumentale frutto della politica di trasformazione del territorio affrontata dagli Este nel corso del loro dominio sulla città, a partire dal XIV secolo sino alla devoluzione nel 1598 e al conseguente spostamento della capitale del loro Stato a Modena. Note come "delizie", devono questa denominazione alla connotazione simbolica che gli importanti edifici, frutto di uno studiato modello architettonico, artistico e decorativo, hanno assunto grazie allo spirito di magnificenza che la corte estense ha saputo coltivare accanto alle attribuzioni politiche del buon governo. Il castello di Ferrara, il palazzo Schifanoia, il palazzo di Belriguardo, il castello di Mesola, tra le meglio conservate anche nel loro rapporto architettura e arte, assieme al palazzo di Benvignante e alle ville della Mensa e del Verginese, costituiscono oggi, così come componevano assieme ad altri palazzi (alla fine del Cinquecento si contavano in provincia di Ferrara ventinove residenze nella disponibilità della corte degli Este), una rete che rappresentava il riferimento territoriale del potere estense.
Alla fine del Cinquecento si contavano nel territorio estense tra La città ed il mare ventinove residenze nella disponibilità della corte degli Este come rilevato da Andrea Marchesi in un attento studio delle fonti di archivio in via di pubblicazione per la Provincia di Ferrara. L'effetto primario fu la trasformazione del paesaggio, che da acquitrinoso e boscoso divenne, per gradi, stabilmente asciutto, organizzato e produttivo, lungo gli assi principali dell'alveo del Primaro, del Po di Volano e del Po di Venezia, partendo dal riscatto delle terre umide della Diamantina ad ovest della città e spostandosi progressivamente verso il mare, sino all'ultima grande opera di bonifica del Polesine di Ferrara che da Copparo giungeva al mare e che culminò con la creazione del castello e del barco della Mesola negli ultimi anni del Cinquecento.
In tale panorama i molti nuovi possedimenti agricoli non vennero controllati soltanto da fattorie (castalderie) tecnicamente efficienti, ma questi siti vennero "interpretati", come gli Este erano ormai soliti fare per le loro proprietà di città, senza alcuna distinzione per territorio di riferimento che fosse urbano, suburbano o extraurbano. Non solo fattorie dunque, ma palazzi dall'archiettura sofisticata e dalle decorazioni artistiche di primo ordine, uno sfondo adeguato anche alla vita di corte: dalla villeggiatura, alla rappresentanza, alla caccia. Intervenire sul territorio per gli Este ha significato prima di tutto non fare distinzione tra città e campagna, tra territorio urbano e extraurbano. Il prodotto di tale politica è un unico paesaggio organizzato e ridisegnato a rappresentazione delle capacità del loro governo.
In tale panorama le "delizie" erano un tutt'uno con la città, inserite in un unico paesaggio antropizzato che dal centro urbano si espandeva verso il mare seguendo i corsi dei fiumi e dei canali, principali vie di comunicazione, gronde fondamentali per il riscatto delle terre dall'acqua. Dopo secoli di abbandono, con la devoluzione del ducato al papato, nel 1958, Ferrara perde le sue prerogative di capitale e diviene una città di frontiera, e per un'impostazione territoriale produttiva dominata paesaggisticamente dall'agricoltura di latifondo e dall'azione della bonifica meccanica, si sono consolidate profonde trasformazioni sul territorio e le residenze estensi oggi costituiscono quanto resta di maggiormente tangibile di quel paesaggio culturale che tra il XV ed il XVI secolo andò delineandosi nell'"antico" delta del Po. Che le "delizie" siano oggi gli snodi fondamentali del territorio è stato riconosciuto anche dall'Unesco che, nel 1999, le ha iscritte alla Lista del Patrimonio dell'Umanità: Le residenze dei Duchi d'Este nel Delta del Po illustrano in modo eccezionale il riflesso della cultura del Rinascimento sul paesaggio naturale; il Delta del Po è un eccezionale paesaggio culturale pianificato che conserva in modo notevole la sua forma originale. Mentre è potenzialmente indiscutibile il valore del patrimonio del paesaggio culturale che si cela tra città e mare in questo antico delta, paragonabile a paesaggi culturali assai più consolidati e famosi come le Cinque Terre o la Val d'Orcia, è evidente la necessità, se lo si vuole valorizzare, di avviare un processo di riconoscimento e di consapevolezza per ricostruire l'identità dei luoghi e dei suoi abitanti. Siamo di fronte in effetti ad un paesaggio storico difficile da riconoscere, da un lato per la sua conformazione pianeggiante ove quasi nulla interrompe lo sguardo verso l'orizzonte, dall'altro per la numerosa presenza di detrattori che hanno buon gioco di fronte alla delicatezza della percezione delle linee e degli oggetti di antica memoria e identità: le opere di bonificazione naturale; la lavorazione agricola di terre appena emerse dall'acqua;
i fiumi ed i canali preziosi per la continuità della produzione; i piccoli borghi e le pievi accostati agli argini unico baluardo al rischio che le acque rappresentano; i filari di alberi ed i vitigni; le siepi che danno solidità alle rive delle opere di bonifica; i fiumi ed i canali un tempo, e forse anche oggi, ben più pratici alla manutenzione ed economici al trasporto di altre vie su terra o su ferro; i materiali e le forme costruttive dettate dalle risorse locali, dal clima e dalla operosità dell'uomo; le fattorie piccole e grandi che divengono anche palazzi per dare senso ad un intervento sulla natura del luogo unico ed eccezionale nel panorama mondiale.
Un territorio tanto vasto (sono oltre 46.000 gli ettari di superficie della provincia di Ferrara compresi nel sito riconosciuto dall'Unesco) trova nella rete delle "delizie" la più importante opportunità di costruire un motore di conoscenza ed un volano promozionale di grande valore. Il presentare le "delizie" in tal modo, come un sistema monumentale seriale al pari di sistemi ben più famosi come le ville venete, le residenze sabaude, i castelli della Baviera, si propone come un'occasione di sviluppo di quella potenzialità attrattiva che si rivela ancora più consistente grazie anche all'opportunità offerta dall'inserimento nella Lista del Patrimonio Mondiale.
Una rete monumentale sparsa nella provincia, corrispondente alla diramazione del sito "Ferrara città del Rinascimento ed il suo delta del Po", è capace di rafforzare e moltiplicare l'attrattiva di ogni singolo monumento interessato, costituire un'utile guida nella ricerca di identità locali coordinate, creare percorsi turistici futuri di grande interesse per lo sviluppo del territorio.
Un patrimonio visibile, in un paesaggio da scoprire come già aveva delineato nel suo lavoro del 1972 Ugo Malagù, presentato da Mario Salmi e da Luciano Chiappini, intitolato Ville e delizie del ferrarese, ove si poteva già trovare quella intuizione a guardare al territorio ferrarese come un vasto giacimento di beni monumentali inserito in un unico tessuto culturale. In un bacino che contiene oltre 160 beni con un provvedimento di tutela da parte del Ministero dei Beni Culturali e un numero assai più alto di beni schedati e vincolati de iure, le dimore estensi sono oggi una grande opportunità di rilancio del territorio e devono essere preparate alla sfida della ricerca di nuove destinazioni compatibili con le loro valenze storico-artistiche ma soprattutto nella coscienza e nell'economia di un lavoro di sistema. In questo momento la Provincia di Ferrara, il Comune di Ferrara, la Regione Emilia Romagna, la Direzione Regionale del Ministero dei Beni Culturali, il Parco del Delta del Po, hanno portato a termine, sulla base di una intesa istituzionale siglata nel 2005 anche da tutti i Comuni della provincia, un Piano di Gestione per il Sito Unesco che volge i primi passi verso un processo di conoscenza, tutela, consapevolezza e valorizzazione del paesaggio culturale ferrarese nel quale non può mancare un intenso lavoro di sostegno al sistema monumentale delle Delizie Estensi. Un paesaggio culturale che si snoda anche tra le pagine dei primi quattro volumi della collana "Paesaggio Estense" pubblicati da Olschki con il sostegno della Fondazione Carife.