Un cambiamento profondo nella vita pastorale
Solidarietà, aiuto, partecipazione e sostegno sono state tra le parole più adoprate in questi otto mesi trascorsi dal terremoto che il 20 e il 29 maggio 2012 ha colpito in prevalenza l'Emilia. Sono parole ancora sulla bocca di tutti e riassumono i sentimenti espressi alle popolazioni terremotate.
Quanto avvenuto è stato tragico, tanto più perché inatteso in una zona, la pianura padana, impropriamente ritenuta da molti a basso rischio sismico. Non sono stati risparmiati "i luoghi e i beni della memoria": i cimiteri, le chiese, le opere di rilevanza storico-artistica in esse custodite, le testimonianze della pietà popolare; senza dimenticare i campanili, le torri civiche, i monumenti civili e così via. È vero che la caduta della chiesa di Buonacompra o di Mirabello, per portare un esempio, non hanno suscitato l'allarme e l'apprensione di quando ad Assisi cadde il soffitto della basilica superiore di San Francesco. Ma per gli abitanti di Buonacompra o di Mirabello le loro chiese rivestono la stessa rilevanza della basilica di Assisi, senza contare l'incommensurabile legame affettivo che hanno con esse. In particolare nelle campagne la chiesa è l'identità dell'abitato, è la memoria collettiva e nel contempo la memoria di ciascuno degli abitanti; è, inoltre, il centro di aggregazione per eccellenza, il luogo che segna le tappe della vita di ognuno: la nascita, la fanciullezza, il matrimonio e il chiudersi dell'esistenza terrena.
Passando a dati concreti, osservo che i "numeri del terremoto" per l'Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, ad oggi, sembrano questi: su 222 edifici danneggiati (chiese, case canoniche, locali per il ministero pastorale, asili parrocchiali, campanili, ecc.), 113 risultano essere le chiese, su un totale di 213 (53%), e 47 le case canoniche. Limitando l'attenzione alla Ferrara entro le mura i dati sono sconfortanti: su un totale di 36 chiese esistenti (30 quelle effettivamente aperte prima dell'evento sismico) solo 6 risultano aperte e officianti. Un numero veramente esiguo, un problema per la comunità dei fedeli, tanto più preoccupante se si considera che di queste sei solo tre possono svolgere regolarmente la loro attività pastorale. Come muoversi?
Costretti a fare di necessità virtù, canoniche, cinema, appartamenti, case private, tensostrutture, magazzini sono divenuti luoghi di culto e sede di catechesi e di convivialità. Una soluzione temporaneamente ottimale è stata l'utilizzazione della chiesa di San Giovanni, chiusa da decenni, ove Santo Spirito ha trovato sede grazie alla disponibilità del Comune e all'intraprendenza operativa dei francescani dell'Immacolata e dei parrocchiani. Purtroppo sono tutte soluzioni, quelle adottate, che perdureranno mesi e mesi, e forse anni, considerati i tempi di restauro che si prospettano lunghi sia per l'entità dei costi sia per la complessità dell'iter burocratico, ancora in fase di definizione. Ben più sentita della conoscenza dei dati, dei numeri e delle percentuali è l'ansia di dare una risposta alla domanda che ciascuno si pone: adesso cosa facciamo? Le soluzioni da adottare sono difficili, non sono univoche, e a volte appaiono suffragate da opinioni diverse sia dal punto di vista tecnico che scientifico o storico-artistico.
L'Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, al fine di perseguire un cammino uniforme, ha puntato l'attenzione sulla formazione dei tecnici, invitandoli ad una riflessione culturale sulle chiese, gli edifici che hanno subìto i maggiori danni, data la loro singolarità di beni verso i quali convergono molteplici discipline: teologia, liturgia, storia ecclesiastica e civile, architettura e arte. Senza trascurare i condizionamenti derivanti dalla loro rilevanza storicoartistica, dal luogo ove essi sorgono e dal plurisecolare apporto della pietà popolare. Oggi più che mai è possibile notare che nel panorama della produzione contemporanea, pur così sensibile verso le molteplici forme di espressività artistica, non esistono più criteri orientativi per la promozione di un'arte sacra cristiana. Questo fenomeno, d'altro canto, s'inserisce perfettamente nella generale crisi della capacità odierna di coniugare fede e vita, fede e cultura. Solo radicando in modo vivo e partecipato la propria persona nell'esperienza storica di Cristo crocifisso e risorto, l'artista può adoperarsi affinché le proprie capacità creativo-espressive, e perciò le proprie vicissitudini professionali, diventino veicolo di quell'esperienza che testimoni e rappresenti così, per altri uomini, circostanza favorevole per l'incontro con Cristo.
Il secondo problema è legato alla vita pastorale che col terremoto ha subìto un cambiamento che durerà nel tempo. Ritengo che il terremoto, nonostante abbia scosso la terra seminando desolazione e morte, abbia creato una nuova opportunità: per i cristiani, in Gesù Cristo risorto è data la promessa che l'ultima parola del cammino nella vita e nella storia non sono il dolore e la morte, ma la gioia e la risurrezione. In Gesù è assicurato che il dolore offerto per amore, vissuto in comunione con lui crocifisso e con tutti i crocefissi della storia, e offerto in oblazione al Padre, è fonte di risurrezione.
Dio è presente, con una presenza d'amore, anche nelle situazioni di sofferenza e di dolore. È necessario esercitarsi quindi nella scoperta dei segni della sua presenza, imparare a trasformare la sofferenza e il dolore che si abbattono su ciascuno e sulla comunità in sofferenza attiva, partecipare alla sofferenza degli altri, vivendola insieme e non aggravandola con i propri egoismi, vincere i limiti dell'attuale condizione umana offrendo il proprio dolore insieme con quello di Cristo, con la fiduciosa speranza di cooperare così alla nuova creazione. Le azioni pastorali sono state molteplici in questo periodo: momenti straordinari di attività estive per i bambini e i ragazzi delle zone del nostro territorio più colpite dall'evento sismico sono stati creati a Bondeno, Scortichino, Vigarano Mainarda, San Benedetto, ecc.; mentre luoghi destinati ad attività ludico-commerciali (cinema, asili, palestre) sono stati trasformati in luoghi di culto (San Benedetto, Vigarano Pieve, Santo Spirito, ecc.). Va sottolineata la solidarietà e la disponibilità da parte di alcuni assistenti diocesani e parrocchiali dell'Azione Cattolica Italiana a sostituire alcuni sacerdoti che, dopo il sisma, hanno avuto bisogno di cercare un momento di pace e di serenità interiore, vista la pressione psicologica esercitata dall'evento.
Questi piccoli segni di solidarietà sono una cartina di tornasole delle potenzialità che ciascuno di noi ha per vivere nel mondo come esempio di carità e di fede.