Mai numerosi come bovini, pecore e cavalli, i bufali comunque ricoprirono per lungo tempo un ruolo prestigioso presso gli estensi. La prima indicazione della loro presenza risale ai registri finanziari di Eleonora d'Aragona nel 1481, ma molto probabilmente aveva portato con sé le bufale da Napoli, come farà la nuora Lucrezia Borgia, vent'anni più tardi, dalla campagna romana. Le bufale non venivano impiegate nei lavori agricoli, bensì per la produzione del latte e quindi di squisiti formaggi come la ricotta (povine) e la mozzarella. La maggior parte degli storici ritiene che il bufalo (bubalus bubalis)


Più redittizie erano le bufale, per il loro latte e per i loro piccoli; servono solo un paio di bufali per mantenereuna mandria. I maschi, allora come oggi, venivano venduti ad altri allevamenti o ai macellai. La tecnica moderna della produzione del latte ha ridotto l'età media delle bufale a 12-15 anni, ma nell'epoca rinascimentale resistevano fino a quarant'anni.
Nel 1485, Eleonora firmò un contratto di "soceda" con Pietro Nigrisolo per 26 bufali nel Barco nella delizia di Belfiore al pascolo nei campi del Duca, ma ricoverati nelle stalle provviste dalla duchessa durante l'inverno.
Pietro aveva la responsabilità della cura delle bufale e della produzione dei formaggi con gli utensili provvisti dalla duchessa, alla quale fu promessa quanta "povina" che voleva al prezzo di mercato, mentre pagava una lira e cinque soldi per "el formazo che ella vora frescho", la mozzarella. La duchessa manteneva il diritto a un quinto delle bufale nate, e anche delle perdite, ma divideva i profitti dalle vendite delle bufale con il Nigrisolo. Al rinnovo del contratto per i campi del Barco, nel 1486, compare nei documenti menzione specifica anche delle bufale della duchessa, così come in un altro contratto per il Barco firmato con Giovanni d'Angnolo nel 1488, dove questi concorda nel pascolare le bufale di Eleonora "in luogo predicto." Non ci sono documenti che spiegano la fine delle bufale dopo la morte della duchessa nel 1493, ma sua figlia Isabella, marchesa di Mantova, manteneva ancora una piccola mandria di cinque bufale nel 1502, quando ordinò al suo rappresentante in Ferrara di trovare un maschio per coprire le femmine. Il commercio nelle bufale non si spostò solo dal sud al nord; nel 1517, Alfonso I pagò per mandare 10 bufale a Roma. Solo pochi dei registri finanziari della duchessa Lucrezia Borgia sono sopravissuti ai secoli, e neanche uno deilibri delle bestie. Malgrado i pochi riferimenti, sicuramente Lucrezia possedeva una mandria, perché Zoane Andrea, bufalaro, fece parte dei suoi famigli almeno dal 1517. Oltre che dalla produzione del formaggio, la duchessa traeva profitti dal pellame, alla morte delle bestie, e ordinava manici in corna di bufalo per i ventagli delle sue donzelle.
Quanto erano importanti le bufale emerge dal fatto che nel 1517, la duchessa di persona ha messo in pegno uno dei suoi gioielli, una bellissima balassa con una perla, per comprare delle bufale Nel 1517, la maggior parte del bestiame di Lucrezia si spostava secondo le stagioni tra La Redena (vicino a Bondeno) e Diamantina, due proprietà bonificate tra il 1516 e il 1519, ma è evidente che si trovava anche ad Ariano, Filo e a Sammartina, a est e a sud della città. Il bestiame, il frumento, i pesci e altri prodotti avevano aumentato il patrimonio della duchessa perché i suoi agenti li vendevano nei mercati della città, come nella bottega del fruttivendolo Pandolfo Mazuchello in via San Romano. Alla sua morte, poche tracce delle bufale rimarranno, ma indicazioni sulle piante e mappe dimostrano che alla fine del Cinquecento il centro delle bufale fu alla Mesola, dove fu costruita la cascina nel 1586.
Alla morte di Alfonso II con la devoluzione di Ferrara alla Santa Chiesa, le bufale sparirono, lasciando solo la cascina nella bufalara a cadere in rovina.