Il bestiame di Eleonora

Scritto da  Diane Ghirardo

La topografia delle bufale nella Ferrara rinascimentale
Il disegno di Giovan Battista Aleotti, raffigurante Torre dell'Abate. Il numero 24 indica le rovine delle stalle che ospitavano le bufale.Un'immagine settecentesca, anonima, del celebre palazzo con giardini della Mesola voluto da Alfonso II d'Este raffigura le ultime tracce della presenza delle bufale nel ducato di Ferrara. Il numero 24 indica le rovine delle stalle, che in origine ospitavano le bufale, e della cascina dove si producevano i formaggi. Gian Battista Aleotti rappresentava le due strutture ancora funzionanti nel suo disegno della Torre dell'Abate del 1596, che ancora erano operanti all'epoca del disegno di Ferrante Franchi dal 1670. Una pianta di Gianantonio Ferrari conservata al muro all'Archivio di Stato di Ferrara testimonia che, nonostante edifici e bestiame fossero tutti spariti, l'identificazione topografica "Valli Buffalari" conferma un legame tra territorio e bufali fino al tardo Settecento.


Mai numerosi come bovini, pecore e cavalli, i bufali comunque ricoprirono per lungo tempo un ruolo prestigioso presso gli estensi. La prima indicazione della loro presenza risale ai registri finanziari di Eleonora d'Aragona nel 1481, ma molto probabilmente aveva portato con sé le bufale da Napoli, come farà la nuora Lucrezia Borgia, vent'anni più tardi, dalla campagna romana. Le bufale non venivano impiegate nei lavori agricoli, bensì per la produzione del latte e quindi di squisiti formaggi come la ricotta (povine) e la mozzarella. La maggior parte degli storici ritiene che il bufalo (bubalus bubalis) Elenco con i nomi delle bufale di Eleonora d’Aragona datato 1483, conservato presso l’Archivio di Stato di Modenacomparve in Italia già nel sesto secolo, e protagonisti delle Crociate e viaggiatori del settimo secolo li incontrarono nel medio oriente e in Ungheria fin da quella. Un riscontro documentario di allevamenti di bufali e attività casearie non esiste fino al Trecento, nel Lazio, nelle paludi pontine e in Campania, ma anche nella Toscana, Umbria, nelle Marche e Apulia. La tecnica di fare pasta filata sembra abbia le origini nel medio oriente, ma si diffuse in parte in Italia attraverso le comunità monastiche, come quella di Farfa, con presenza di bestiame bufalino nella loro tenuta, e di S. Lorenzo nel basso Volturno che commerciavano un formaggio denominato "mozza" già nel Trecento. Benché non specie autoctona, il bufalo traeva profitto dagli ecosistemi marginali disdegnati dalle vacche e dai buoi: in particolare, le paludi caratteristiche di gran parte del delta del Po prima delle grandi bonifiche del tardo Seicento. Questo bestiame resiste alle malattie che l'allevamento intensivo ha causato in molte specie di vacche, e ama i pantani e l'erba forte delle paludi. Così i bufali si integrarono benissimo all'economia del delta, producendo latte, formaggi, pelli e carne, mentre i sottoprodotti caseari venivano riciclati per ingrassare i maiali e quindi le salsicce e il prosciutto tipici della regione.
Giovanni Battista Aleotti, Porto dell'Abate. Dettaglio della buffalara, 1596 ca.. Biblioteca Comunale AriosteaEleonora teneva i suoi bufali nei pressi di Finale di Modena (Finale nell'Emilia), ma anche nel Barco appena fuori le mura di Ferrara. Il suo bufalaro Cristofaro da Bergamo teneva 43 bufali e 14 bufalette nati tra il 1481 e il 1482, e i fratelli Merlo ne tenevano 59 nel 1483. Dal 1484, il numero salì ancora a 67. Il Libro delle Bestie di Eleonora segnala i nomi di tutti gli animali, normalmente posti ai neonati dal bufalaro, scegliendo i nomi secondo la sua fantasia, nomi come Peloxa, Rossina, Albanese e Lepra. Di tutto il bestiame degli estensi, solo ai cavalli, cani e bufali  furono concessi nomi.
Più redittizie erano le bufale, per il loro latte e per i loro piccoli; servono solo un paio di bufali per mantenereuna mandria. I maschi, allora come oggi, venivano venduti ad altri allevamenti o ai macellai. La tecnica moderna della produzione del latte ha ridotto l'età media delle bufale a 12-15 anni, ma nell'epoca rinascimentale resistevano fino a quarant'anni.
Nel 1485, Eleonora firmò un contratto di "soceda" con Pietro Nigrisolo per 26 bufali nel Barco nella delizia di Belfiore al pascolo nei campi del Duca, ma ricoverati nelle stalle provviste dalla duchessa durante l'inverno.
Pietro aveva la responsabilità della cura delle bufale e della produzione dei formaggi con gli utensili provvisti dalla duchessa, alla quale fu promessa quanta "povina" che voleva al prezzo di mercato, mentre pagava una lira e cinque soldi per "el formazo che ella vora frescho", la mozzarella. La duchessa manteneva il diritto a un quinto delle bufale nate, e anche delle perdite, ma divideva i profitti dalle vendite delle bufale con il Nigrisolo. Al rinnovo del contratto per i campi del Barco, nel 1486, compare nei documenti menzione specifica anche delle bufale della duchessa, così come in un altro contratto per il Barco firmato con Giovanni d'Angnolo nel 1488, dove questi concorda nel pascolare le bufale di Eleonora "in luogo predicto." Non ci sono documenti che spiegano la fine delle bufale dopo la morte della duchessa nel 1493, ma sua figlia Isabella, marchesa di Mantova, manteneva ancora una piccola mandria di cinque bufale nel 1502, quando ordinò al suo rappresentante in Ferrara di trovare un maschio per coprire le femmine. Il commercio nelle bufale non si spostò solo dal sud al nord; nel 1517, Alfonso I pagò per mandare 10 bufale a Roma. Solo pochi dei registri finanziari della duchessa Lucrezia Borgia sono sopravissuti ai secoli, e neanche uno deilibri delle bestie. Malgrado i pochi riferimenti, sicuramente Lucrezia possedeva una mandria, perché Zoane Andrea, bufalaro, fece parte dei suoi famigli almeno dal 1517. Oltre che dalla produzione del formaggio, la duchessa traeva profitti dal pellame, alla morte delle bestie, e ordinava manici in corna di bufalo per i ventagli delle sue donzelle.
Quanto erano importanti le bufale emerge dal fatto che nel 1517, la duchessa di persona ha messo in pegno uno dei suoi gioielli, una bellissima balassa con una perla, per comprare delle bufale Nel 1517, la maggior parte del bestiame di Lucrezia si spostava secondo le stagioni tra La Redena (vicino a Bondeno) e Diamantina, due proprietà bonificate tra il 1516 e il 1519, ma è evidente che si trovava anche ad Ariano, Filo e a Sammartina, a est e a sud della città. Il bestiame, il frumento, i pesci e altri prodotti avevano aumentato il patrimonio della duchessa perché i suoi agenti li vendevano nei mercati della città, come nella bottega del fruttivendolo Pandolfo Mazuchello in via San Romano. Alla sua morte, poche tracce delle bufale rimarranno, ma indicazioni sulle piante e mappe dimostrano che alla fine del Cinquecento il centro delle bufale fu alla Mesola, dove fu costruita la cascina nel 1586.
Alla morte di Alfonso II con la devoluzione di Ferrara alla Santa Chiesa, le bufale sparirono, lasciando solo la cascina nella bufalara a cadere in rovina.