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Guido Scaramagli

Scritto da  Gian Paolo Borghi

La memoria storica del lavoro e dell'imprenditoria agricola ferrareseGuido Scaramagli e Renato Sitti nella sezione dei burattini del Centro di Documentazione, 1986

Lo scorso 23 luglio è scomparso Guido Scaramagli, eminente figura di imprenditore agricolo e fondatore del Centro di Documentazione del Mondo Agricolo Ferrarese di San Bartolomeo in Bosco. Nato il 24 settembre 1921 in una famiglia di agricoltori, pioniera e protagonista della frutticoltura ferrarese, abbina una sistematica concezione innovativa aziendale alla conservazione e alla contestuale rivalutazione della memoria del mondo delle campagne ferraresi e padane, con intuizioni di rilevante peso culturale e in una prospettiva anticipatrice degli odierni museidel lavoro, dell'arte e dell'etnografia rurali. Per oltre un cinquantennio effettua un'opera di raccolta e di conservazione di un rilevante corpus documentario di tali realtà tematiche(oggetti, attrezzi e strumenti di lavoro, macchinari, materiali archivistici), finalizzando le sue ricerche ad un arco temporale oscillante dalla fine dell'800 alla metà degli anni '50, periodo significativo della storia agraria ferrarese e italiana, che intercorre dal primo affermarsi della meccanizzazione sino a giungere all'ormai irreversibile fase della scomparsa della coltura tradizionale. Le sue fondamentali intuizioni incontrano in seguito l'incondizionato appoggio di Renato Sitti, fondatore con Mario Roffi e direttore del Centro Etnografico del Comune di Ferrara. Grazie a questo importante rapporto di collaborazione, si costituirà il Centro di Documentazione del Mondo Agricolo Ferrarese (oggi MAF) che, da raccolta collezionistica, si trasformerà in progress in uno dei più interessanti musei del settore, non soltanto in regione (è, tra l'altro, il più importante in territorio ferrarese), ma anche in ambiti nazionali. In una testimonianza registrata da Renato Sitti nel 1980, presenti Ismer Piva e Franco Cazzola, Guido Scaramagli ricorda con grande semplicità, ma con intensa convinzione, i suoi primi passi di raccoglitore-ricercatore: "Da circa dieci anni raccolgo tutto quello che trovo e che riguarda la vita e il lavoro del mondo contadino ferrarese. Perché lo faccio? La gente non ricorda più tante cose  ,  soprattutto  i  giovani,   la lavorazione della canapa ad esempio... Ho raccolGuido Scaramaglito queste cose con l'intento di conservarle, ordinarle, per far conoscere qual era la vita nelle campagne ferraresi". Si sviluppa tra queste due figure, diverse per formazione ma parimenti motivate nella ricerca, una interessante fase di collaborazione, che viene così riassunta da Sitti: "L'incontro risultò reciprocamente proficuo. Lo Scaramagli poteva avvalersi dei frutti di una metodologia di analisi interdisciplinare, di numerosissimi dati storici, antropologici, sociologici. Il Centro Etnografico poteva confrontarsi con una realtà tecnico-storico-culturale che lo stesso Scaramagli, con la sua iniziativa, compiutamente rappresentava. Nasceva così da questo incontro il primo modesto, ma consistente, allestimento del Centro di Documentazione del Mondo Agricolo Ferrarese". Guido Scaramagli stipula quindi, fin dal 1982, una convenzione con il Comune di Ferrara, grazie alla quale si dà il via ad un'inusuale - per quei tempi - e stimolante esperienza sinergica tra pubblico e privato, che diverrà in seguito fonte d'ispirazione ad analoghi progetti in altre strutture museali italiane. All'inizio degli anni '80 il lavoro di Guido Scaramagli con Renato Sitti e con il Centro Etnografico Ferrarese si sviluppa sostanzialmente in tre direzioni: la schedatura dell'ingente materiale raccolto, l'allestimento museale e il progressivo suo arricchimento attraverso nuove sezioni, derivate anche dalla ideazione di mostre-studio e dalla successiva utilizzazione dei relativi apparati documentari e didascalici. La prima struttura museale s'impernia pressoché esclusivamente sulla sua raccolta e si prefigge, in particolare, di porre in atto un'opera di razionalizzazione che consenta il tracciamento di un percorso culturale mirato ad evolversi da mero deposito ad organico centro di documentazione etnografica. Sorgono così le sezioni riguardanti la trasformazione del lavoro dalla manualità alla meccanizzazione; la vita e il lavoro nel borgo rurale con le sue botteghe artigianali, i "negozi" e gli uffici; la casa e la sua cucina, vero cuore relazionale nel mondo della ruralità. Si dà pure inizio ad un lavoro di organizzazione della biblioteca di storia dell'agricoltura, ricca di rare pubblicazioni e di periodici specializzati. Il lavoro della canapa nel Ferrarese costituisce la prima esperienza espositiva di rilievo. Progettata a fini itineranti e allestita nel 1982 alla SSan Bartolomeo in Bosco, scena campestre, 1944ala Efer di Ferrara e in numerose altre località provinciali e regionali, si traduce di fatto in cassa di risonanza del nascente centro di documentazione, che registra i suoi primi apprezzamenti in ambito nazionale, grazie anche all'omonimo catalogo curato da Renato Sitti, Roberto Roda e Carla Ticchioni (Portomaggiore, Arstudio, 1982). La relativa, fondamentale sezione diverrà uno tra i principali settori oggetto di visita museale. A questa rilevante realizzazione fanno seguito altre due mostre: "Un paese dagli album di famiglia. Una ricerca di Guido Scaramagli a San Bartolomeo in Bosco"(1982) e "I mestieri ambulanti nelle campagne ferraresi" (1984), che contribuiranno, tra l'altro, a dare rispettivamente ordine al patrimonio archivistico (fotografie, carteggi familiari e aziendali, contabilità e materiali imprenditoriali vari, ecc.) e alla specifica sezione, ricca di articolate e spesso inedite testimonianze. Alle fasi allestitive vengono contestualmente abbinati colloqui (ma, di fatto, si tratta di veri e propri convegni) culturali di approfondimento tematico, che registrano l'adesione, tra il 1982 e il 1983, di alcune tra le più rilevanti figure di studiosi italiani di storia, cultura materiale e antropologia. Gli atti di tali interventi assumeranno veste editoriale nel 1989, grazie al volume La Terra Vecchia. Contributi per una storia del mondo agricolo ferrarese, a cura di Violetta Ferrioli e Roberto Roda (Firenze, La casa Usher). Determinante è l'apporto di Guido Scaramagli, in collaborazione con Renato Sitti e Carla Ticchioni, alla realizzazionedel catalogo Dal lavoro manuale alla meccanizzazione. Inventario-guida del Centro di Documentazione del Mondo Agricolo Ferrarese, "Quaderno" numero 27 (1985) del Centro Etnografico Ferrarese. La pubblicazione costituisce il primo organico momento di analisi delle attività e dei traguardi sino ad allora conseguiti e offre, al tempo stesso, un'ampia e utile conoscenza delle terminologie, in italiano e in dialetto ferrarese, degli strumenti, delle attrezzature, delle macchine e degliGuido Scaramagli nella biblioteca del suo Centro di Documentazione, 1986 oggetti che compongono il centro documentario. Su stimolo di Renato Sitti vengono in quel periodo privilegiati i più significativi segni storici della meccanizzazione nelle campagne. Si tratta del primo esempio realizzato nella Regione Emilia-Romagna e Sitti lo sottolinea con lungimiranza nelle pagine dello stesso catalogo: "La storia della meccanizzazione, qui ampiamente documentata, coincide in gran parte con la storia del mondo agricolo ferrarese di quel periodo la cui influenza incide ancora, nonostante i profondi mutamenti intervenuti negli ultimitrent'anni, nella realtà attuale". Accanto alla divulgazione della cultura tradizionale, Guido Scaramagli, sempre con il sostegno di Renato Sitti, si dimostra attivo anche nella promozione dello studio  di aspetti peculiari dell'agricoltura ferrarese, come il convegno sulla frutticoltura, promosso nel 1987 in collaborazione con il Comune e la Provincia di Ferrara. "Coltivata" con passione e competenza, la sua struttura si mantiene costantemente in evoluzione, arricchendosi di ulteriori cimeli e di nuove ricostruzioni. Agli anni 1986 e 1988 risalgono, ad esempio, gli allestimenti, in un'apposita sezione, degli ateliers (burattini, teatri, scenografie, copioni, attrezzeria di scena, ecc.) dei burattinai Ettore Forni e Pompeo Gandolfi, di proprietà del Comune di Ferrara, di gran lunga anticipatori degli odierni musei di teatro popolare. Ad alcuni anni più tardi risalgono invece le fedeli ricostruzioni di una stazioncina d'epoca, arredata con estrema cura, e di un oratorio poderale, esempio di piccolo luogo di culto, un tempo diffuso nelle campagne ferraresi, ospitante in modo particolare le tradizionali recite del rosario durante il mese di maggio. Il suo imponente materiale documentario è di supporto, inoltre, ad alcune produzioni cinematografiche, tra le quali La neve nel bicchiere di Florestano Vancini (1984) e In nome del popolo sovrano di Luigi Magni (1990). Gli anni '90 sono contrassegnati dalla sperimentazione che Guido Scaramagli indirizza verso le giovani generazioni, quali gli esempi di utilizzazione della forza eolica in agricoltura e nella tecnica molitoria e, ancora, del restauro, con criteri scientifici, di molti macchinari, tra i quali i trattori statunitensi a vapore Peerless (licenza De Dion Bouton, 1906) e Mogul (Mc Cormick, 1910-1915). Scaramagli prosegue con successo su questa strada attrezzando ingegnosamente a forza elettrica diverse macchine agricole (decanapulatrice, trebbiatrice, ecc.), un tempo funzionanti a vapore - pur mantenendo inalterata anche questa funzione originaria -, che fa posizionare su un'unica linea espositiva. Attiva, inoltre, con la collaborazione del Centro Etnografico Ferrarese, una convenzione con la Facoltà di Agraria dell'Università di Bologna per favorire l'elaborazione di tesi di laurea di storia dell'agricoltura. Per i proficui risultati raggiunti dal Centro di Documentazione del Mondo Agricolo Ferrarese, la Camera di Commercio di Ferrara, nel 1993, gli conferisce un riconoscimento ufficiale. Già a partire dall'anno precedente, aveva pure dato inizio, con instancabile tenacia, ad un'interessante esperienza editoriale, in gran parte basata sulle sue esperienze esistenziali, soprattutto giovanili. La sua prima pubblicazione, Al bugadùr (ovvero la tela di canapa che veniva utilizzata per il tradizionale bucato con la cenere), autoprodotta, è interamente in dialetto e raccoglie poesie e racconti. Dedicata alla memoria dei genitori ("mi hannoBurattina (Polonia, moglie di Sandrone) insegnato, fin dall'adolescenza, ad apprezzare ed amare i luoghi, le cose, le persone e la semplice vita della mia terra", scrive con gratitudine), si avvale della prefazione di Renato Sitti, che precisa opportunamente: "Avvalendosi di un linguaggio (non sempre, per la verità, ma spesso) secco, asciutto, lapidario, egli rivelain poche parole, o in poche frasi, i segreti del mondo morale e psicologico che conserva dentro dalla fanciullezza condiviso con la famiglia, con gli amici, con la gente che gli è stata attorno ogni giorno". La sua produzione poetica, composta nel vernacolo di San Bartolomeo, si rivela gradevole - a tratti ironica, a volte toccante - e fa trasparire veri e propri bozzetti di vita nella campagna e nei piccoli paesi che la sfiorano. Vi compaiono antiche scene di quotidianità con protagonisti i contadini, l'arzdóra (la reggitrice) e le sue fatiche, il sarto, l'oste, il calzolaio e, ancora, episodi, alcuni di aneddotica, con al centro il lavoro e il suo ciclo stagionale, la religiosità popolare, le tradizioni (si veda, per tutte, la descrizione in versi de La tamplà, l'arcaico rituale degli assordanti strepiti serali provocati dagli oggetti più strani soprattutto in occasione dei matrimoni dei vedovi), gli affetti familiari e i sentimenti. Densa di commozione e di sensibilità si dimostra, in particolare, la lirica La mié tèra (La mia terra), amorevole dichiarazione dell'autore alla madre-terra:

O dólza, o fòrta ma ssémpar pìna ad blézza

at véd cumè ai prìm an dla giovinézza

quand a campàva cuntént e in alégria

còl giòi che ti t'am dav o tèra mia.

Al témp al passa ma tì t'an cambi mai

e quand l'arssùra o al mòi it dà di guai

ta ti ssupòrt..., e apéna dì, o a l'óra ad nòt

at trassùd dai crèp o da la smòrcia ch'è ssui lòt

cal vapór fin, alziér, ssénza culòr

cl'am tién avsìn a tì con tant amór

e che l'am fa arcurdàr acssì 'luntiéra

che la cùna dal mié vivar l'è chì

in mèz a la mié tèra.

(O dolce, o forte ma sempre piena di bellezza / ti vedo come ai primi anni della giovinezza / quando vivevo contento e in allegria / con le gioie che mi davi o terra mia. // Il tempo passa ma tu non cambi mai / e quando l'arsura o il bagnato ti danno dei guai / li sopporti..., e appena (fa) giorno, o all'ora notturna / trasudi dalle crepe o dalla fanghiglia che è sulle zolle / quel vapore fino, senza colore / che mi tiene vicino a te con tanto amore / e che mi fa ricordare così volentieri / che la culla del mio vivere è qui / in mezzo alla mia terra).

E sempre sul dialetto e sulla cultura popolare è incentrata la sua commedia Al spusalìzzi 'd la fiòla dal Segrétari (Lo sposalizio della figlia del Segretario), ambientata durante gli anni del Fascismo, avente il suo museo come spazio scenico. A questo suo lavoro, proposto al pubblico in videotape nel 1994, collaborano la Compagnia di teatro popolare "Listón", Sergio Altafini per la regia, il coro "I milurdìn ad Franculìn" (I "milordini" di Francolino) diretto da Elisabetta Vincenzi, per la colonna sonora, e Carlo Magri per le riprese cinematografiche. Il percorso editoriale di Guido Scaramagli prosegue con altri due volumi di chiara matrice autobiografica: La grande siepe (Roma, Il Cedro, 1994) e L'ultimo fronte (Ferrara, Corbo, 1997). Nel primo ripercorre in forma romanzata l'amore - coltivato fin dall'infanzia - per la terra africana, finalmente conosciuta in modo diretto negli anni '60. Con modalità descrittive estremamente efficaci e attraverso la voce, il pensiero e i sentimenti di un giovane, ci fa conoscere il grande continente "dall'interno", vissuto a diretto contatto con quel suggestivo habitat e con gli stimolanti incontri con quelle popolazioni. Il libro è particolarmente gradito anche a Folco Quilici, che ne cura una pubblica presentazione alla Biblioteca Ariostea di Ferrara. Scrive Lidia Fiorentini Chiozzi in una partecipata nota introduttiva: "Scaramagli ci descrive non soltanto la natura e le numerose varietà di animali, ma anche le persone con cui viene a contatto, soprattutto in Eritrea. Egli è attento , preciso ,  interessato nel cogliere le divTeatrino della Famiglia Forni, allestito al Centro di Documentazioneersità che caratterizzano le etnie che vivono in Africa, lasciando trapelare che anche nel suo animo si è insinuato "il mal d'Africa", una malìa di cui non riuscirà più a liberarsi". Il secondo volume, prefato da Gianfranco Rossi, è un'intensa testimonianza degli ultimi giorni della seconda

guerra mondiale, contrassegnata dalla descrizione inprima persona (Guido Scaramagli era temporaneamente esonerato dal servizio militare per problemi di salute) di alcune tra le fasi più emozionanti e drammatiche che segnano la storia delle campagne attorno a San Bartolomeo in Bosco, la cui popolazione è costantemente soggetta alla drammatica aleatorietà degli eventi, che vedono protagonisti tedeschi, fascisti, partigiani e forze alleate in arrivo. Le sue descrizioni vengono valutate dall'illustre prefatore alla stregua di una vera e corrispondenza di guerra, rigorosa e attenta, "da offrire l'impressione che il racconto sia (anche per la sua visività) concepito come una sorta di sceneggiatura cinematografica, o comunque come testo per il cinema". Le sue qualità di custode e di divulgatore della cultura rurale al Museo sono messe a disposizione della collettività anche nel terzo millennio: al 2003 risale, ad esempio, la mostra, curata con lo scrivente, "Il mondo rurale nei disegni di 'Nino' Zagni", esposta alla Sala Efer. I relativi materiali, oltre ad essere illustrati in un apposito catalogo edito dal Comune di Ferrara, andranno in seguito a costituire uno specifico percorso all'interno della sezione del borgo rurale. Guido Scaramagli proseguirà in questa sua meritoria opera fino al crepuscolo della sua esistenza: i risultati da lui conseguiti possono tuttora ammirarsi nel "suo" Centro di Documentazione del Mondo Agricolo Ferrarese (MAF), uno tra i più affascinanti percorsi museali che caratterizzano il territorio ferrarese.