L'importanza di tale operazione è avvalorata dalla studiosa Lori Repetti, della State University of New York, la quale, in alcuni dei suoi scritti, fa riferimento non solo al dialetto ferrarese, ma ai "dialetti ferraresi", alludendo alla polifonia linguistica della provincia di Ferrara. La dialettalità ferrarese, intesa in forma di cultura e dunque di conservazione di memoria - peculiarità di una popolazione passata e radice e fondamento per le nuove generazioni -, è bella, importante, antica forse molto più di altre.
L'oblio sceso nelle sue varie espressioni ne limita e circoscrive le origini, anche se un antecedente interessante può essere riferito al "gergo" o, per dirla con Giorgio Passilongo, la "lingua zerga": sorta di linguaggio convenzionale usato per intendersi con figurazioni o allusioni "strane ", nato dalla parlata dialettale ferrarese del Cinquecento. Di tale lingua rimane memoria grazie al più antico vocabolario gergale italiano, Il nuovo modo de intendere la lingua zerga, edito a Ferrara nel 1545.
Ma non è questa la prima data alla quale possiamo riferirci. Dino Tebaldi, insegnante elementare, giornalista, scrittore e profondo studioso delle radici storiche ferraresi, riporta notizia di un suo prezioso ritrovamento presso la Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna: scene contadinesche, traslate in forma poetica e risalenti, probabilmente, al 1492, raccolte da Ermete Bentivoglio e donate poi a un suo parente di Bologna, pubblicate nel 1894 dal Lovarini.
Le preziose stesure, ironiche nel contesto (si parla dei rapporti tra città e campagna, della derisione del cittadino nei confronti di chi abita il contado), si avvalgono di un dialetto contadino-padano-rivierasco, comunque ascrivibile al dialetto ferrarese di allora. Parrebbe risalire al 1595 la stesura di una canzone di F.M. Pelaia, intitolata Franceschina, in dialetto dell'epoca. Il 1602 è la data di nascita di Madòna Frrara chè vvgnù in villa, di autore ignoto, in dialetto antico, il cui manoscritto fu scoperto presso la Biblioteca Estense di Modena. Vale la pena ricordare che la commedia venne per la prima volta rappresentata l'11 novembre 1952 a opera di Angelo Aguiari, autore e attore in vernacolo, noto con lo pseudonimo di "Anzulòn".
Sempre in ambito teatrale, nel 1769, Girolamo Baruffaldi scrive una commedia in dialetto Il ptègul ad Frara - Dialugh in vers marteliàn pr'al lunàri dl'ann nov 1769 tra sgnòra Checca Tsara e la spòsa Lucié atvandròla, e nell'Ottocento si ritrovano i lunari in dialetto a opera del conte Francesco Aventi, detto "Al Chichett da Frara", o di Barba Cinti. Considerate queste premesse, la nascita ufficiale del teatro dialettale ferrarese è da far risalire al 1 aprile 1902, giorno in cui un gruppo di filodrammatici diretti da Alfredo Migliali, padre dell'attore Augusto, rappresenta con grande successo la Castalda, riduzione dalla omonima commedia di Carlo Goldoni a cura di Giovanni Pazzi, cui seguirono, nel 1903, L'umarazz, e, nel 1906, Al quarantott, a cura dello stesso Pazzi.
In seguito, un altro autore, Alberto Benda-Ricci, ridusse per il teatro dialettale La piòva ad stravent, da un lavoro di Moser e Schöntan; la stessa operazione fu svolta da Ugo Vasé, che nel 1909 trascrisse la Niobe di Paulton. Il senatore Pietro Niccolini, nel 1910, scrisse Al zavattin e Al pont ad Contrapò.
Qualche cenno storico sulla formazione di alcune compagnie teatrali dialettali ferraresi si trova in un manoscritto inedito di Eros Menegatti, valente cineasta ferrarese: «Risale al 1912 l'origine della Filodrammatica "Città di Ferrara ", per opera di un gruppo di appassionati tra cui Rolando Boscoli, direttore artistico, Carlo Gamberoni, Beppino Vecchi, Giuseppe Nigrisoli, Primo Tani, Augusto Bertani, Bruno Busatti, Corrado Cadetti, Ciro Veroni, Giorgio Corelli, Alessandro Puricelli; le recite, dapprima date in un locale di via Coperta, andarono in seguito ad arricchire con entusiasmo di pubblico il repertorio del teatro dei Filodrammatici che funzionò ininterrottamente fino allo scoppio della Prima guerra mondiale.
Nel 1916 {la compagnia} risorse con il nome di "Gruppo estense" per volontà di Carlo Gamberoni, Luigi e Celestino Veroni, Amerigo Ferrari, Luigi Marini, Nelusco Lupi, Ultimo Spadoni, Armando Pagliarini, Augusto Bertoni, Ferdinando Faggioli. Poco tempo dopo, per l'aumentato numero dei componenti, il 'Gruppo estense" prese il nome di "Società Filodrammatica Estense".
Con il commediografo Sebastiano Sani e l'eclettico medico, giornalista, musicista e autore Nando Bennati, noto anche come "Galeno" o "Nino Bannenta", che ne era presidente, la nuova formazione nel 1922 incominciò le sue recite nel Teatro del Soldato del 14° Reggimento di Artiglieria, sito in via Palestro e, contemporaneamente, presso il Teatro Pepoli, in via Contrari, dove stabilì anche la propria sede.
In quel periodo, la compagnia annoverava tra i suoi collaboratori attori di eccezionale valore; il direttore artistico era Rolando Boscoli, in seguito affiancato da Renato Tranchellini che, rimasto solo in quella veste, portò le recite anche al Teatro dei Filodrammatici. L'ultima compagine della Filodrammatica "Città di Ferrara', costituitasi nel 1923, era composta da attori provenienti in parte dalla "Estense". Successivamente la "Filodrammatica Estense", sotto la guida di Renato Tranchellini, vinse diversi premi, partecipando a concorsi di recitazione tenutisi in varie località tra cui Bologna, Milano, Ravenna e Ferrara stessa.
Avvalendosi della collaborazione della bravissima moglie Elfride Pavanelli e del sostegno di validi attori e attrici, il Tranchellini portò l'"Estense" a confrontarsi con filodrammatiche molto più forti, riuscendo a ottenere successo di critica e di pubblico. Le rappresentazioni consistevano in commedie allora famose per la prosa, come Romanticismo, Vi amo e sarete mia, Tristi amori, Frutto acerbo, Tre amanti, Partita a scacchi, Addio giovinezza e Il ridicolo di Paolo Ferrari.
Molte commedie del teatro professionale venivano ridotte e adattate per il teatro dialettale da autori come il già citato Nando Bennati, che si esercitava su testi di Selvatico, Testoni, Novelli e Gallina.
Nel 1923 ebbe inizio una vera e propria produzione di commedie in vernacolo per il teatro ferrarese a opera di Alfredo Pitteri, che cominciò con Adio Rusina, rappresentata il 23 marzo 1923, al Teatro del Soldato. Tra gli autori del primo dopoguerra si ricorda anche Augusto Celati, con la sua I puntagh ch'-magna i gatt, del 1924, capostipite di una produzione di centoquattordici commedie (superiore a quella del Pitteri di ottantaquattro lavori) prevalentemente in dialetto.
Va inoltre ricordato Arturo Forti, che in collaborazione con il Celati realizzò alcune delle commedie più significative come ASMA. - Agenzia Segreta Matrimoni e Affini, Al tramacc e I scarpiùn. Il 6 settembre 1931 si deve annotare la fondazione della compagnia dialettale ferrarese "Straferrara", avvenuta per opera di alcuni attori già appartenenti alla "Estense". Il debutto della nuova formazione avvenne al teatro di Pontelagoscuro con Padar, fiol e Stefanin di Alfredo Pitteri.»
Nell'immediato secondo dopoguerra, fra il 1945 e il 1946, nella vecchia sede di via Contrari, la "Società Filodrammatica Estense" si ricostituì con l'attore-direttore Alfonso Makain. Tenne le prime recite al teatro Comunale, leggermente danneggiato dai bombardamenti aerei, al Cinema Teatro Boldini e al Teatro Verdi. L'attività dell'Estense continuò a svolgersi regolarmente, pur travagliata da frequenti cambi di sede: dal 1951 al 1956. in via Cortevecchia; dal 1956 al 1959, in via Palestro; dal 1959 al 1965, presso l'ex-Squarzanti, in via Mortara. Fu quella l'ultima sede che vide, negli anni Sessanta, il definitivo scioglimento della compagnia teatrale.
Con lo scioglimento della Filodrammatica, gli attori più appassionati si arruolarono nella Compagnia Teatrale "Straferrara" di Ultimo Spadoni che, per molto tempo, rimasta unica in campo, dominò le scene dialettali, sfoggiando tutte le commedie del proprio repertorio e quelle del repertorio acquisito. Nel 1967, Beppe Faggioli successe al suocero Ultimo Spadoni, continuandone idealmente l'opera e dando nuovo impulso alla "Straferrara". Tornando a citare il Menegatti: «Nello schema delle compagnie di teatro dialettale, comprese quelle di provincia, nel 1976 si inserì anche il Gruppo Teatro Minore, fondato da Sara Sebastiani Schiappoli, che ne era anche direttore artistico, Aida Marzocchi, Umberto Artosi, Leonilla Poli. Dopo otto anni di commedie, nell'aprile 1984, Alberto Belli ne divenne capocomico e direttore artistico.
L'attività di questo gruppo, pur essendo molto più ridotta di quella della "Straferrara", è sempre stata di carattere continuativo e il repertorio è stato continuamente aggiornato, includendo anche adattamenti dal teatro classico come L'avar - L'avaro, adattato da Moliére a cura di Attilio Orlandini, I Salvàdagh - I Rusteghi, ridotto da Goldoni a cura di Franco Giovannelli, e da Anton Cechov Na dmanda ad matrimoni - Una domanda di matrimonio, ridotta dalla compianta Nelly Gavazzoni.
Molte altre sono comunque, a tutt'oggi, le compagnie teatrali operanti in Ferrara e provincia, sia in lingua italiana sia in dialetto: da recenti riscontri, parrebbero ammontare ad alcune decine; molte composte prevalentemente da giovani. Eclettici gli autori dialettali ferraresi. Basti pensare allo scrittore e regista cine-televisivo Massimo Felisatti e al suo compagno di penna Fabio Pittorru, lui stesso regista, oltre che scrittore e autore dei due copioni Al vastì blu e La tazina ad café.
Tradizione letteraria vernacolare recente anche per la "categoria" dei medici-scrittori: dal citato Nando Bennati a Giorgio Golinelli, il più prolifico fra i contemporanei, autore di copioni, scenette, racconti e perfino del soggetto per un balletto. Non si può non fare un cenno ad alcuni poeti che fra Ferrara e provincia hanno scritto nelle lingue dialettali ferraresi: da Giuseppe Maciga, che fra il 1880 e il 1935 compose parecchi sonetti, anche se non solo in ferrarese; a don Artemio Cavallina, copparese, che, alternativamente, con uno dei suoi nom de plume "Y" o "L'Amigh Zrésa", componeva poesia e pubblicava sulle colonne della Domenica dell'operaio; ad Alfonso Ferraguti di Marrara.
Ma come dimenticare Bruno Pasini, poeta vate del Delta, Beniamino Biolcati, Edgardo Pasquali detto Edpas, Alberto Ridolfi, Alfio Finetti, la sensibile poetessa copparese Liana Medici Pagnanelli, Nino Tagliani detto Fanghét, José Peverati, medico a Portomaggiore, Luigi Vincenzi, detto Tamba e nipote di Fanghét, con cui ha scrìtto a quattro mani La fiera di sdazz. Sono queste le anime de "Al trebb dal Tridél", l'Accademia della Crusca del dialetto ferrarese.
Le traduzioni o interpretazioni dei classici da parte di alcuni autori del passato e di oggi - Giulio Neppi (l'Aminta del Tasso), Mendes Bertoni e, di nuovo, il Neppi (la Divina Commedia di Dante), Francesco Benazzi (il canto di Cloridano e Medoro dall'Orlando Furioso dell'Ariosto) - sono di giusta menzione, specie se rivolti a un contesto e a fini didattici: la memoria di una civiltà "non destinata alla polvere", della sua cultura, del suo dialetto - come si diceva ALL'inizio - è peculiarità per le generazioni passate e fondamento per le nuove; senza passato non c'è presente né, tanto meno, futuro.
Una recente legge regionale, Tutela e valorizzazione dei dialetti dell'Emilia Romagna, la dice lunga in proposito: fra le sue finalità un occhio di riguardo è rivolto all'attività didattica, a corsi di formazione e di aggiornamento, a iniziative scolastiche tese a valorizzare i dialetti della regione nelle loro possibilità espressive. Per non dimenticare di ricordare, dunque.