L'erede (Frassinelli, 2002) invece è una lunga lettera, un vero testamento spirituale, che un vecchio papa, ammalato e ormai prossimo alla fine, scrive a colui che lo seguirà sulla cattedra di Pietro. La scrittura del papa diviene lo strumento per un'acuta introspezione della sua vita e per un denudamento della sua anima, e denuncia lo sforzo di affrontare in termini razionali e analitici le modalità del sacro e del divino, così come l'illustre protagonista le ha sperimentate e vissute, e di farlo rientrare nel dominio delle nozioni definibili. Ma il papa avvertirà che attorno a questa sfera comprensibile giace una zona oscura, che si sottrae alla nostra capacità conoscitiva. E anche per lui ci sarà l'esperienza numinosa del sacro, tremendum e fascinans insieme, percepita in alcuni momenti che si pongono fuori dalle coordinate razionali e si enunciano come segni appariscenti del divino, vere ierofanie. Pertanto, avvertito il numinoso mysterium del sacro, si abbandonerà tutto alla grazia divina, in una aspettativa religiosa del trapasso, sentito non più coll'umano e razionale terrore della morte, ma come unione mistica e rinascita nell'eterna giovinezza della divinità. Intanto il suo diario sarà completato da una mano divina, a suggellare l'impotenza e il balbettamento umani, incapaci di definire il senso profondo del sacro e di dare un volto a Dio.
Il signore degli occhi (Frassinelli, 2004) ci introduce in un'altra modalità del sacro, identificabile nel tema del sacrificio?quello di Enrico Magnoni, che abbandona i beni materiali e il potere e si ritira in povertà in un convento alpino. Il sacrificio di Enrico è una rinuncia all'Io che ha messo radici nei valori mondani, in funzione di una conquista più alta; è la violenza dello Spirito che spoglia l'uomo della sua presunta onnipotenza e lo umilia, ma al tempo stesso lo fa certo di essere eletto in una sfera più alta. Sacrificare è qui veramente da intendere nel suo originario valore di sacrum facere, cioè di compiere una cosa sacra immolando alla divinità i propri beni materiali: solo così l'uomo legato ai sensi (gli occhi) e alla mente (la progettualità) diventerà l'uomo dell'anima, disposto non a 'fare cose', ma a 'fare anima' (Hillmann).
Un tema comune attraversa queste tre opere: ed è la forza carismatica dello Spirito Santo. Questa terza persona della Trinità, un po' trascurata nella fede cristiana, che è o teologica o cristologica, diviene qui dominante: le vicende numinose dei personaggi di Pazzi sono tutte determinate dalla effusione dello Spirito (e si può parlare di una teologia pneumatologica), che soffia dove vuole, che sceglie l'eletto e gli dona particolari carismi, facendogli vivere un'esperienza di Pentecoste personale.

Il Dio di questo romanzo è il Dio dei filosofi, sottoposto a una lucida e penetrante analisi, che si insinua nelle fessure più strette della teologia. L'opera, dai toni fortemente drammatici e dal respiro epico, è impostata sullo scontro tra il Figlio, che vuole ritornare sulla terra per completare la redenzione degli uomini dal Male, e il Padre, che, come un'icona della 'divina indifferenza' montaliana o come una delle primordiali divinità uraniche?il deus otiosus immerso nella impenetrabile profondità dei cieli?cerca di trattenerlo, facendogli capire l'inutilità dei suoi sforzi e adombrando pure l'idea di chiudere il Tempo e di far cessare la tragicommedia umana. Nella prima parte, il narratore, con un realismo sempre attraversato da una vena lirica, descrive le vicende di Gesù ritornato tra gli uomini sulla costiera amalfitana e poi in Puglia, le folle che lo seguono, i miracoli che compie; e intanto sfodera la sua carica ironica per tratteggiare il comportamento delle autorità religiose e politiche, sospese in un atteggiamento tra scetticismo e attendismo?solo la TV, pronta a sfruttare qualunque evento per fare audience, è là a immortalare lo straordinario caso. Il tono cambia completamente nella seconda parte, dove, in una dimensione sospesa tra terra e cielo, assistiamo allo scontro tra Padre e Figlio e agli interventi di Maria, di Giuseppe e degli Angeli, che danno vita a dialoghi drammatici, che penetrano col bisturi di una sorprendente ermeneutica filosofica nei temi della fede?il rapporto tra le persone della Trinità, la maternità di Maria, l'onnipotenza divina e la libertà umana, il male, la morte e la resurrezione. Padre e Figlio divengono forme sacre dei due archetipi junghiani: mentre il Padre è deluso della sua paternità, perché vorrebbe un Figlio uguale a sé, il Figlio invece è tentato di sfidarlo, perché vuole emanciparsi dalla sua autorità e calarsi in maniera autonoma nell'umano, amando gli uomini per quello che sono, per la loro corporeità, per le loro imperfezioni, schierandosi con i perdenti e i diseredati. A una teologia del Bello assoluto?una visione metafisica della perfezione e dell'Essere?Egli contrappone una cristologia dell'umano, con la conseguente passione per il Divenire, per la carne che si corrompe, per il Tempo che si consuma. Egli ama visceralmente gli uomini e vuole salvarli, sollevandoli dal Male in cui li ha precipitati il Padre, quando ha concesso loro la Libertà, pur sapendo che l'avrebbero usata per rovinarsi. In questa 'eretica' teologia il Male sarebbe l'unica evasione del Padre, che per distrarsi dalla sua eterna e immobile assolutezza ascolta i racconti di Satana su gli orrori commessi dagli uomini. Allo stesso modo in cui Maria sarebbe stato solo uno strumento, un corpo, di cui il Padre si sarebbe servito per sperimentare l'esperienza della paternità.
La forza dirompente del libro sta proprio nell'aver affrontato con una estrema libertà inventiva e con una sofferta dialettica filosofica il tema centrale della fede cristiana, ossia il profondissimo problema teologico del Male, legato naturalmente a quello della Libertà. È lì che si acuisce lo scontro tra le due figure dominanti: il Figlio arriva addirittura a pensare che il principio del Male risieda nel cuore stesso del Padre, che, creando l'uomo limitato e soggetto ai suoi impulsi, l'avrebbe intenzionalmente predisposto al Male; e allora sogna per l'umanità la redenzione totale, cioè l'approdo a un'ideale perfezione, dove il corpo si consustanzi con lo spirito in un sacro e mistico congiungimento.
Come si vede, il tema del sacro in Pazzi percorre due strade: la dimensione salvifica, fondata su un sentimento numinoso della divinità e su una teologia pneumatologica, che si esprime attraverso le misteriose ierofanie dello Spirito, e la dimensione dottrinale, impostata su di una fantastica disamina ermeneutica, che affronta i temi più scottanti della teologia. Questi contenuti, però, sono sempre ravvivati da emozionanti squarci lirici, da inserti fantastici, da momenti di utopistica visionarietà, che ne spremono le possibilità epiche, e ci fanno entrare in dimensioni sconosciute. Ancora una volta Pazzi abbatte gli obsoleti protocolli narrativi e si lega alla grande tradizione allegorica?da Dante a Manzoni e da Pomilio a Testori?recuperando la dimensione metafisica della letteratura e il suo valore di oracolo, di rivelazione e di inquietudine intuitiva.