Arrivato a Ferrara nel luglio 1929, il giorno successivo alla laurea, per lavorare presso l'Istituto Provinciale per l'Infanzia, Ortolani entra in contatto con la realtà del Brefotrofio nel quale bambini senza una madre dovevano essere allattati dalle ragazze madri anch'esse presenti nella struttura ospedaliera. È da questa esperienza che Ortolani comprende l'importanza della presenza materna a fianco del bambino durante tutta la degenza.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, ormai diventato primario della struttura pediatrica dell'ospedale Ferrara, Ortolani è tra i primi in Italia a "maternizzare" il proprio reparto, creando strutture per ospitare le madri giorno e notte. "Fu tra i primi a comprendere che la presenza della madre in ospedale è fondamentale per alleviare lo stress del bambino, cosa che in altri ospedali pediatrici era ritenuta impossibile dal punto di vista operativo e logistico.
Allo stesso tempo, la presenza delle mamme forniva anche utili spunti al medico durante la diagnosi" afferma il professor Raffaele Lucci, per anni assistente di Ortolani, quindi direttore sanitario dell'Opera Nazionale Maternità Infanzia di Ferrara. "Chi più della madre conosce meglio il suo bambino?"
Per tutta la sua carriera ospedaliera, Ortolani continuò ad approfondire le tecniche di maternizzazione degli ospedali pediatrici. "Abbiamo passato un'infinità di vacanze in giro per il nord Europa, lui a studiare i sistemi di ricovero stranieri, noi in giro per città" ricorda la figlia Valentina.
Oltre alle madri, anche le maestre: la dottoressa Graziella Cotti, collega per decenni di Ortolani, ricorda che le maestre in attesa di impiego venivano ingaggiate a pediatria: "Durante gli anni Cinquanta, c'erano bambini ricoverati per periodi molto lunghi. I casi di tubercolosi, meningite o poliomielite rischiavano di perdere un intero anno di scuola. Le maestre in corsia servivano a evitare questo, e intanto insegnavano elementi di economia domestica alle madri".
Il medesimo "fiuto" per capire quali fossero le esigenze sanitarie del territorio ferrarese riemerge in merito alla talassemia. Verso i primi anni Cinquanta, Ortolani comprese che la terribile malattia, che a quei tempi concedeva pochi anni di vita ai bambini affetti, poteva essere arginata unicamente attraverso azioni di natura preventiva.
Fu, infatti, il primo a promuovere una vasta azione di screening su tutta la popolazione della provincia, in modo che ogni coppia ferrarese potesse sapere, se fossero entrambi microcitemici, quale era il rischio di avere figli malati. Per fare ciò, Ortolani favorì le ricerche di due importanti ricercatori del tempo, i professori Silvestroni e Bianco, che praticarono questa indagine con metodi particolarmente semplici ed economici.
La capacità di Ortolani di coinvolgere studiosi esterni in progetti sanitari su Ferrara, sarebbe riemersa una decina d'anni dopo, quando ospitò in via Savonarola il professor Wolman, direttore della clinica pediatrica di Filadelfia, la cui tecnica trasfusionale aumentò di molto la speranza di vita dei pazienti affetti dal morbo di Cooley. Grazie a queste collaborazioni nacque a Ferrara il Centro della microcitemia del Ministero della Sanità.
Un ambito, dunque, quello della talassemia, in cui Ortolani non rivela tanto le sue abilità scientifiche, quanto piuttosto la sua abilità nel gestire i problemi sanitari locali, anche coinvolgendo grandi studiosi internazionali.
Ma la vicenda professionale che darà dimensione internazionale alla figura di Marino Ortolani è senza dubbio quella relativa agli studi sulla lussazione congenita dell'anca.
Tutto ha inizio quasi per caso, come spesso accade in ambito scientifico. Un giorno, siamo probabilmente nei primi anni Trenta, una madre riferì al professor Ortolani che mentre divaricava le gambe di suo figlio aveva percepito uno strano rumore all'anca. Questo reperto articolare era insolito e non ancora descritto nei manuali di pediatria, venne richiesta una radiografia del bacino che documentò la presenza di una "lussazione congenita dell'anca".
Di qui, l'intuizione. Quel rumore poteva essere un "segno" clinico: un elemento cioè che può aiutare a porre una diagnosi precoce di questa malattia. Negli anni successivi, Ortolani cercherà questo segno su centinaia di bambini e riuscirà a codificare una precisa manovra semeiologica, "ricerca del segno dello scatto", che consente all'esaminatore di capire se la testa del femore è, o può essere, dislocata al di fuori dell'acetabolo.
Negli anni, Ortolani ottiene brillanti risultati anche nelle terapie di questa malformazione, inventando i primi divaricatori da applicare fra le gambe dei neonati.
Nel frattempo la sua tecnica diagnostica, la cosiddetta "manovra di Ortolani", si diffonde in tutto il mondo.
"La grande importanza della manovra di Ortolani sta sicuramente nel fatto che essa può essere eseguita fin dalle prime ore di vita del neonato", afferma il dottor Giuseppe Atti, responsabile del Centro "Marino Ortolani" per la diagnosi precoce e la terapia della lussazione congenita dell'anca presso l'Arcispedale S. Anna di Ferrara. "Per essere completamente affidabile, però, è necessario che questa manovra sia eseguita solo da medici addestrati ed esperti".
La validità del "segno dello scatto"rimane assoluta, basti pensare che l'American Accademy of Pediatrics nelle sue linee guida per la diagnosi precoce della LCA sostiene che tutti i bambini devono essere sottoposti a questo esame clinico.
Per questo motivo, ancora oggi, nonostante siano passati diversi decenni dalla sua scoperta, la Manovra di Ortolani viene riportata e descritta in tutti i manuali di pediatria pubblicati nel mondo. "Negli ultimi anni" continua il dottor Atti, "per individuare precocemente tutti i bambini affetti da LCA, è stata proposta e utilizzata una nuova tecnica diagnostica strumentale di tipo ecografico.
L'ecografia dell'anca non ha però sostituito l'esame clinico per la ricerca del segno dello scatto, ma piuttosto lo ha completato, poiché consente di individuare anche le forme lievi di displasia delle anche nei bambini che hanno un esame clinico negativo. Il programma di screening che attualmente viene eseguito a Ferrara prevede che tutti i nuovi nati siano valutati alla nascita con la ricerca del segno dello scatto e con l'esame ecografico all'età di 6-8 settimane".
Marino Ortolani è dunque una figura di notevole rilievo della medicina italiana, una figura caratterizzata da una straordinaria capacità di comprendere il paziente sia sotto il profilo fisico che sociale.
Sorretto da una solida etica professionale e da una dedizione al lavoro che poco hanno a che fare con la formazione tecnica o i titoli conseguiti, Ortolani praticò una medicina essenzialmente concreta e intuitiva, ma capace di portare a grandi risultati scientifici e terapeutici.
Furono, probabilmente, proprio questi meriti a essere stati vissuti e riconosciuti più intensamente dalla città, ed è per questo che, finché la pediatria ospedaliera rimase in via Savonarola 15, la maggior parte delle famiglie ferraresi si ostinò a portare i propri figli "da Ortolani", anche quando Ortolani non c'era più da tanti anni.