Perfette geometrie

Scritto da  Roberto Pazzi

Vista del campanile di San Benedetto dalle mura.Una passeggiata notturna in bicicletta lungo le mura, fisiche e metafisiche, di Ferrara

 

Le mura estensi, restaurate ormai da più di quindici anni, continuano a farci sognare. Questa volta di sera, se si decida di montare, dopo cena, in sella alla bicicletta per fiancheggiarle tutte, alla luce della nuova e felice illuminazione voluta dalla amministrazione comunale.

Il consiglio che darei sarebbe di cominciare questa piccola avventura notturna dalle parti di Porta Paola, pure di recente restaurata con gusto, e dirigersi poi verso San Giorgio, per non perdere il largo respiro offerto da un'ampia zona di spiazzi erbosi, che consente allo sguardo di aprirsi, senza interruzione di edifici più recenti a ridosso dello straordinario complesso.

 

Iniziare di lì il percorso consentirà di scoprire, fiancheggiando cunei e baluardi, quanto sia evocativo di presenze metafisiche questo articolarsi di forme architettoniche dalla geometria perfetta, dal ritmo sapiente di vuoti e di pieni, con l'alternarsi di luci e ombre. Quel che infatti colpisce la vista pedalando di notte è il mutamento di prospettiva costante che si apre procedendo verso San Giorgio, favorito da spazi erbosi verdi ampi e curati, che nell'oscurità cedono il loro colore per farsi pure forme volumetriche di buio e di luce.

Illuminazione notturna delle mura ferraresi.La magia delle nostre mura è piuttosto diversa da quella di Cittadella, di Montagnana, di Lucca, di Monteriggioni, di Palmanova, di Cherasco, le prime che mi vengono in mente, di questa nostra Italia, quasi tutta munita di antiche difese municipali e signorili ancora intatte.

Le mura di Ferrara non sono né troppo antiche, come quelle precedenti la scoperta della polvere da sparo di Cittadella e Monteriggioni, così alte e spioventi, né più vicine alla modernità, come quelle così larghe da farsi viali, a Lucca.

Sono mura perfettamente rinascimentali, tali cioè da concedere tanto alla bellezza monumentale quanto alla funzionalità difensiva, nel raro equilibrio costituito dal miracolo rinascimentale tutto ferrarese, che si replica poi, all'interno delle mura, sia nel palazzo dei Diamanti, che nel Castello Estense.

 

Le mura di FerraraMa mettiamoci in ascolto per una sera, perché Ferrara dalle sue mura apparirà come una scatola delle meraviglie, una specie di carillon del "dolce rumore della vita", per citare un indimenticabile verso di Sandro Penna.

La città, ben chiusa col suo traffico nella conchiglia delle sue difese, diventa quasi un murmure, un'eco lontana, come quello che si ascoltava da bambini portando all'orecchio una ciprea? La nostra vita, la nostra casa stanno là, oltre il dantesco "bello e forte arnese" di queste mura rossettiane che mai provarono assedio, mai conobbero il fuoco nemico, da quando furono elevate, nel 1492, per volontà del duca Ercole I, proprio mentre l'Europa si apriva alla scoperta dell'America.

E noi, uscendo a spiare le mura di notte, ci siamo concessi di rovesciare il cannocchiale, e guardarci e forse spiarci dall'esterno, come ci vedono gli altri, quando passeggiamo in città tutti presi dalla cura delle nostre incombenze, distratti dal guardare, per il piacere di guardare, senza intenti pratici.

Ferrara, rivoltata allora come un guanto, mostra nel pacifico ringhio difensivo delle sue mura la gelosa difesa della sua identità, quell'identità che è la nostra, e ci coopta anche in silenzio, anche senza che ce ne accorgiamo quando siamo intenti al lavoro, nei nostri uffici, nelle nostre aziende, nelle scuole, nelle fabbriche. È bello appartenere al grande abbraccio di un luogo tutto raccolto in sé, come un nido fatto di pagliuzze; sì, è bello vagare nel mondo, sapendo di appartenergli.

Le mura di Ferrara.E mentre la nostra lenta bicicletta, col suo timido sentore di ghiaia rimossa dai due pneumatici, raggiunge le più lineari spianate di Porta Mare, dall'ampiezza più sensibile dei prati, è davvero dolce riassaporare l'inutilità della bellezza, la sua cifra opposta all'utilità della bruttura, offerta dalle moderne forme della zona industriale, laggiù appena visibile, oltre il profilo delle case, del campanile di San Benedetto, del grattacielo.

Una città italiana - ma forse è vero per ogni città del mondo - è sempre il miracolo della convivenza fra antico e moderno, passato e presente, morte e vita.


E la nostra, così tentata di arrendersi al suo splendido passato per cedere il dovere di inoltrarsi nel futuro, da queste mura così ben illuminate offre un mirabile esempio di come sostenere questa difficile convivenza.

Non diremo a nessuno, però, dei nostri entusiasti visitatori stranieri o italiani, così stupefatti della bellezza di Ferrara, quanto sia anche duro sostenere un passato troppo ingombrante, quanto sia avvertibile nella psiche ferrarese una apatica tentazione oblomoviana, non lontana dalla depressione, forse anche a causa di una non so quanto consapevole sindrome di Stendhal.

I bastioni delle mura ferraresi.Proseguendo la nostra lenta passeggiata notturna, fra riflessioni ed evocazione offerte da quel che l'occhio di notte ruba al paesaggio, passeremo ora, dopo Porta Mare, verso la zona dei cimiteri ebraico e cristiano, dove il verde trionfa e fa della morte, cristiana o ebrea che sia, un unico giardino. Il giardino di finzicontinica memoria dove sono sepolti oggi Giorgio Bassani e Gianfranco Rossi, i due scrittori cugini, mancati a poche ore di distanza, non lontano da dove stiamo passando.

Sulla punta di intersezione dei due tratti di mura, quello a est e quello a nord, dove un tempo stava il grande stemma in pietra degli Estensi, se si abbia l'accorta pazienza di fermarsi a riposare, si godrà la vista di un angolo piuttosto ardito, che offre una delle verticalità più audaci di tutti i nove chilometri di percorso.

La mente corre subito alla visione della immaginaria Fortezza Bastioni di Buzzati, nel suo capolavoro, il romanzo metafisico "Il deserto dei Tartari", quel luogo dove si aspetta l'assalto che mai verrà del nemico, l'assalto che offrirà la grande occasione di battersi finalmente per la Gloria, giustificando una vita di guarnigione così povera com' è quella di chi presta servizio in quell'inutile avamposto sul Nulla che è la Fortezza. Proprio come può apparire anche la vita di chi presta servizio sull'avamposto del Nulla che è una piccola città di provincia.

E il non mai consumatosi assedio delle nostre mura offre un bel parallelismo con questo appuntamento mancato all'infinito del romanzo buzzatiano.
Di qui in poi, dirigendoci verso ovest, si sentirà il presagio della grande anima segreta della città, il "fiume reale", il Po.

Che è là, a nord, invisibile nell'oscurità, sensibile appena nel rigoglio delle oscure masse del verde e dell'argine che s'innalza a nasconderlo, non certo a impedirci di provare l'antica paura di morire tutti sommersi dalle sue acque, in una delle sue ricorrenti inondazioni autunnali e invernali.

 

Le mura di Ferrara.Già nei miei versi di "Calma di Vento" ho scritto che la povertà di fontane di Ferrara rivela tutta la sua inconscia paura di morire affogata?
Da questa parte la romba insistente e molesta del traffico della circonvallazione, che secondo il piano del parco urbano doveva essere solo provvisoria, rompe l'incantesimo del silenzio di dannunziana memoria.

E già ci distrae il proliferare di edifici moderni e fabbriche che s'intravede, luminoso nella notte, verso ovest, dopo la sosta alla cosiddetta casina del boia, per goderci il taglio del corso Ercole d'Este, la via degli Angeli, "dalla mura" degli Angeli. Secondo Guido Piovene, ne "Il Viaggio in Italia" (1955), era questa nostra via "la più bella d'Europa". Ci sentiamo di poterlo ripetere, anche  cinquant'anni dopo, con un certo orgoglio.

Siamo ormai giunti alla svolta di Porta Catene, dove il tumulto della modernità sopraffa l'assetto murario, anche se si potrà continuare più avanti, passato il dedalo delle larghe vie della stazione ferroviaria, la nostra passeggiata notturna ancora in vista di altre suggestioni offerte dalle nostre mura.

Qui la statua del papa Paolo V rammenta la stagione della storia in cui sorgeva la seicentesca fortezza, spezzando il complesso delle mura.

Le ferite della storia sono anche le nostre ferite. E, di sicuro, Ferrara ha iniziato, con la caduta degli Estensi e l'infelice avvento della signoria pontificia, la sua lunga decadenza, tanto problematica per noi.

Ma è così iniziato il suo lungo viaggio nel Tempo, che chiama anche noi a salvare il fragile carico della sua antica bellezza, lo scrigno  di Poesia, Arte, Narrativa e Architettura, contenuto dalle sue mura che le ha meritato dall'Unesco il riconoscimento di Patrimonio dell'Umanità.