Se per molti anni abbiamo lavorato per riunire parte di ciò che si era disperso i tempi erano maturi - e il ruolo delle Fondazioni lo imponeva - per compiere un passo successivo: quello della divulgazione del patrimonio e del coinvolgimento diretto della città ad uno dei momenti più alti della nostra storia. Inoltre, la Fondazione doveva lanciare messaggi sia a livello nazionale sia locale. A livello nazionale per far comprendere come le Fondazioni possano avere un senso e un ruolo se si inseriscono nelle realtà culturali e sociali dei territori di competenza; cioè se operano per migliorare il livello culturale, economico e sociale ma anche - ove occorre - assumendosi in prima persona anche l'impegno di "operare".
Nel più ristretto ambito della provincia per riaffermare che il proprio ruolo non si limita al semplice di mecenatismo ma attivo - in un auspicabile clima di sinergia con le altre istituzioni ed associazioni - si estende fino alla disponibilità a intervenire direttamente laddove sia necessario farlo, come struttura. Quindi l'esigenza per la Fondazione e per la Cassa di dare un segnale per dimostrare che la nostra presenza e incidenza sul territorio sta anche nel distinguere, non nel senso di opposizione ma di identità, l'impegno finanziario e la filosofia delle scelte che lo determinano.
Necessità simmetrica a quella delle Soprintendenze che dovevano fare il loro punto della situazione rendendo esplicito alla città un lungo lavoro di studi. Se, da sempre, la Cassa prima e la Fondazione poi hanno appoggiato quelle iniziative pubbliche e private dove evidente era l'intento di valorizzare l'immagine della nostra città, negli ultimi anni l'esigenza è diventata anche quella di abbinare il nostro nome soprattutto a quei progetti che nel recupero del nostro patrimonio ricostruiscono e riflettono in modo molto preciso il nostro operare in questo territorio in una specie di muto scambio di energie.
Abbiamo per la prima volta indossato i panni degli organizzatori non per vanità, ma perché questo era il modo più corretto - anche storicamente - di operare all'interno di una macchina complessa come è quella di una mostra prodotta e gestita interamente in proprio. Siamo partiti da una necessità: si voleva aprire al pubblico, con un forte richiamo, la sede storica e deputata della Pinacoteca - grazie a un nuovo allestimento e a una lettura appassionata delle nostre "mitiche" collezioni - seppur arricchite per l'occasione di prestiti e ritorni straordinari. Una specie di "camera delle meraviglie".
Il compito non era facile. Anche perché la necessità subito evidente di coinvolgere le Istituzioni e le Associazioni cittadine ha reso l'impresa, per noi neofiti, più complessa. I tempi erano molto stretti e noi non siamo strutturati per organizzare grandi eventi, ma a questo punto, con la mostra che sta ormai per chiudere i battenti, crediamo di poter affermare che non abbiamo sbagliato obiettivo.
La soddisfazione autentica, oltre alla grande e costante affluenza di pubblico, è stata la risposta che hanno dato tutti coloro che sono stati e si sono lasciati coinvolgere con entusiasmo.
Forse è proprio questa la sede più giusta per ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questa mostra.
Il Provveditorato e le scuole d'arte che hanno lavorato sostenendoci sin dai primi giorni e senza il cui appoggio si sarebbe vanificata la nostra ferma volontà di portare i giovani in Pinacoteca.
L'Assessorato alla Cultura e alla Pubblica Istruzione del Comune di Ferrara, Ferrara Arte, le associazioni culturali, le guide turistiche, tutte in vario modo ma con grande slancio ci sono state vicine.
La Zuffellato Computers, l'UTEF, i club, il Conservatorio Frescobaldi, le vivaci Proloco, l'ANFFAS che ha coinvolto i giovani disabili e le famiglie in un intenso momento di partecipazione e tanti personaggi della cultura e dell'imprenditoria che si sono mossi e hanno dato segnali precisi di apprezzamento.
E infine la stampa locale e nazionale che ci ha affiancato durante la manifestazione con puntuale e intensa presenza. Un sentito ringraziamento va espresso agli illustri colleghi di lavoro nelle persone di Grazia Agostini, Andrea Emiliani e Iadranka Bentini e a tutto il personale delle Soprintendenze, ai custodi che si sono prestati con slancio ad un tour de force, alle Associazioni dei Carabinieri e dei Marinai in congedo che sul piano del più puro volontariato hanno permesso con spirito e vivacità aperture prolungate, al progettista ed alle squadre degli allestitori e della illuminotecnica che hanno, in un clima disteso ed entusiasmante, determinato il successo della messa in scena delle opere.
Ai dipendenti e collaboratori della Cassa e Fondazione anch'essi coinvolti nel funzionamento di questa iniziativa, a Monica Bracardi ed al personale "straordinario".
Lo scenario non sarebbe stato completo se non avessimo toccato un altro punto particolarmente importante: il rapporto Casse - Fondazioni - opere d'arte. In questi giorni si è molto parlato di valorizzazione del patrimonio artistico nazionale e dell'impegno dello Stato, degli Enti pubblici per la salvaguardia. Si è però dimenticato il lavoro veramente encomiabile che gli istituti di credito e, oggi, le Fondazioni hanno impegnato in questo settore.
Era quindi necessaria una mostra - che abbiamo allestito ricostruendo uno studiolo privato nella sede dell'istituto di cultura Casa Cini - per ripercorrere questa traccia. Il tesoro sommerso rappresentato dai libri che le Casse e le Fondazioni pubblicano attualmente è stato oggetto, da parte nostra, di riflessione critica tenuto conto che il fenomeno è particolarmente evidente nella civiltà culturale italiana.
Quindi, se l'obiettivo era parlare del collezionismo, non potevamo evitare una campionatura dei libri d'arte editi dalle banche italiane, spesso riportanti opere di acquisto, di restauro effettuate direttamente e con il contributo finanziario dei medesimi Istituti di credito. Il visitatore ha così potuto cogliere la presenza importante delle banche nel processo di sviluppo culturale del paese, manifestatosi anche attraverso la produzione di opere particolarmente preziose e quindi non proponibili da case editrici con fini commerciali. Ovviamente, abbiamo desiderato organizzare nelle sale della casa paterna del conte Cini - grazie anche alla collaborazione di Celeste Nicoletti, don Franco Patruno e Gianni Venturi - un ambiente adatto alla lettura, arricchito con mobili, quadri e suppellettili delle collezioni della Cassa e della Fondazione.
Ovviamente era possibile esporre solo una selezione, suddivisa per argomenti, degli oltre tremila titoli che figurano nei tre cataloghi editi dall'A.C.R.L, ma abbiamo voluto che fossero presenti tutti i libri d'arte realizzati dalla Cassa di Risparmio di Ferrara e dalla Fondazione.
Infine, nel corso della mostra sono stati presentati al pubblico, in anteprima, un Cd-Rom sull'opera di Ludovico Ariosto e lo specimen del facsimile della splendida Bibbia di Borso d'Este: entrambe iniziative patrocinate dalla Fondazione.
Le due mostre vogliono essere il segno della determinazione del nostro impegno, la "presentazione ufficiale" di un programma più vasto che non si esaurirà con le esposizioni.
Ora a noi resta un compito: quello di non vanificare questi sforzi e di non disperdere il patrimonio "morale" che queste iniziative ci hanno offerto come bagaglio, cercando sempre più nel tempo di non perdere occasioni come questa dove l'impegno di un Ente sta non solo nell'accendere l'attenzione sulla manifestazione ma nel far sì che l'interesse continui costante, quotidiano nell'accrescimento che è poi cura e investimento di energie rivolte alla nostra città.
Resta l'obiettivo del Fondo per il collezionismo ferrarese, ma vi sono altri progetti che per rispetto ai miei amministratori non posso citare, ma che sono punto del prossimo bilancio preventivo della Fondazione.