Un atteso ritorno

Scritto da  Fede Berti

Kylix della tomba 18 del Dosso C di Valle Pega. All'interno: i Dioscuri e le imprese di Teseo. Pittore di Pentasilea, 460-450 a. C.Riaprono, dopo lunghi lavori di restauro, alcune sale del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara.

I radicali interventi di restauro e di ristrutturazione cui il Palazzo Costabili di Ferrara è stato sottoposto a partire dal 1986, seppur non conclusi, consentono di riaprire al pubblico nel prossimo autunno alcune sale del Museo Archeologico Nazionale, che - come è noto - vi ha sede.

 


Fu nell'ottobre del 1935 che il Museo venne inaugurato; da subito rappresentò un elemento di fortissimo, ampio richiamo grazie a due fattori: la aulica struttura monumentale in cui è ospitato, meglio nota - forse - come Palazzo di Ludovico il Moro, struttura che costituisce uno dei capolavori dell'architetto ferrarese Biagio Rossetti, e la raffinata cultura di Spina, l'emporio etrusco del Delta, i cui straordinari materiali erano esposti nelle sale del piano nobile.

Da poco restituiti dal bacino bonificato di Valle Trebba, essi costituivano il frutto di una delle più significative scoperte della archeologia italica che, nel prosieguo del tempo, aggiunse altri autorevoli capitoli alla propria storia: il ritrovamento del secondo, ampio settore della necropoli (in Valle Pega) e il ritrovamento dell'abitato (in Valle del Mezzano, essa pure, come le restanti, in territorio di Comacchio).

 

Diadema d'oro della tomba 58 del Dosso C di Valle Pega.E' fuor di dubbio che, ancora oggi, la smisurata presenza di Spina getta ombra sulla pur varia e coerente serie di testimonianze che provengono da altre parti del territorio e che si dispiegano dalla remota età dei Neolitico alle più recenti fasi del Medioevo. Tale è, allo stato attuale delle conoscenze, il tessuto storico-archeologico del territorio che fa capo a Ferrara e tale è, nelle prospettive del Museo, il futuro contenuto dell'esposizione, innovativo - rispetto al passato - poiché l'episodio saliente ma sostanzialmente fugace rappresentato da Spina, nella sua duplice e antitetica veste di città dei vivi e di città dei morti, troverà una più armonica e motivata collocazione nel quadro d'insieme. Nelle sei nuove sale del Museo ad affacciarsi sarà ancora Spina. Di contenuto differente potevano essere le vie da seguire per offrire ai visitatori questo saggio della rinnovata esposizione; la scelta è scaturita naturalmente, tale è la evidente superiorità del "fenomeno" rappresentato dall'emporio padano rispetto alle altre pagine della storia locale.


Cratere a campana della tomba 313 di Valle Trebba, pittore del Niobidi, 460 a. C.E, di Spina, verrà presentato l'excursus cronologico della necropoli attraverso alcuni contesti, ovverosia attraverso i materiali di alcune delle sue più significative sepolture. Gli oggetti deposti accanto al defunto, nel duplice rituale della inumazione e della cremazione, costituivano il "bagaglio" ideologico destinato a perpetuare il ruolo rivestito dal vivente nel viaggio verso il mondo ultraterreno; molteplici sono le suggestioni che se ne ricavano. Per certo immediata è quella che scaturisce dallo stupefacente repertorio delle immagini che popolano i vasi attici, i quali, tra la fine del VI e la metà del IV secolo a. C, giungono alle foci del Po in gran numero e con esemplari rari. Ma, nonostante la preminenza culturale greca, la città è etrusca, ed etruschi sono i bronzi figurati e le oreficerie, etrusche quasi tutte le epigrafi graffite sulle suppellettili, di matrice prevalentemente etrusca è la produzione locale dei vasi che denominiamo "alto-adriatici" e che, in qualche maniera, rappresentano il solo episodio di autonomia economica che la città conobbe giunta ormai alle soglie del tramonto, che coincise con la definitiva occupazione della Pianura Padana da parte dei Galli.


Cratere a volute della tomba 579 di Valle Trebba, pittore di Bologna 279, 440 ca. a. C.Allorquando la sezione dedicata all'abitato si aggiungerà a quella che illustra il sepolcreto, si comporranno le diverse sfaccettature dell'insediamento, per certi aspetti contrastante con la ricchezza della necropoli e costantemente assoggettato alle imprevedibilità dell'ambiente deltizio su cui sorgeva. Potrà quindi apparire ancora più emblematica, come indice di censo e di acculturazione, la presenza - nelle tombe - di vasi monumentali e in altissima percentuale frutto della creatività dei più noti e attivi maestri del Ceramico, vasi le cui raffigurazioni adombrano sovente, sotto la forma dell'epica e della mitologia, un linguaggio celebrativo degli eventi di politica e di potere dell'Atene contemporanea.