Lo stato di conservazione dell'opera
Scritto da Elisabetta Lopresti
Il destino del dipinto che le fonti sin dal XVIII secolo attribuiscono concordemente al Bastianino, sembra a nostro avviso legato a due situazioni in particolare; la prima è connessa alle antiche e precarie condizioni di conservazione che ne hanno ostacolato un'agevole lettura, limitando così la possibilità di approfondire gli studi e, di conseguenza, l'interesse per questa significativa pala.
La seconda corre parallela ai grandi avvenimenti; infatti, dopo l'importante mostra del 1985, in cui sono emerse in tutta la loro urgenza le problematiche di conservazione, solo grazie al ritrovato interesse generale per l'opera e sull'onda dell'enorme impresa di recupero del catino absidale della Cattedrale, realizzato in occasione del Grande Giubileo del 2000, si è potuto completare il complesso restauro e ridare così dignità alla pala della Madonnina.
Nel corso di questo ultimo restauro, sono emerse con chiarezza le cause principali del cattivo stato di conservazione, che in gran parte sembra imputabile alla scarsa qualità del legno utilizzato, aggravato senza dubbio dalle significative variazioni climatiche. Il supporto ligneo è composto da cinque assi in pioppo dello spessore di circa due centimetri ed è sostenuto da due traverse trapezoidali in legno di abete; materiali e metodologia costruttiva rientrano nella prassi adottata abitualmente dagli artisti operanti nell'ambito ferrarese e più ampiamente nell'area padana.
Un esempio simile, ma certamente più famoso, è rappresentato dalle tavole dello Studiolo di Belfiore, anche se in quel caso, probabilmente data l'importanza della committenza, venne applicato un taglio particolare che in parte aumentava la stabilità del tessuto ligneo.
Se la qualità non alta del materiale usato come supporto è una comprovante causa del facile degrado, per quanto riguarda la variazione microclimatica, quale ulteriore agente sullo stato di conservazione, si ipotizza che il fenomeno abbia origini antiche; viste le segnalazioni effettuate in tempi diversi e da più storici in merito a una disagiata visione dell'opera, riteniamo che tali alternanze ambientali si siano verificate sin dalla prima collocazione.
Come si è avuto modo di rilevare, la presenza del San Girolamo nella medesima Chiesa è documentata con una certa continuità malgrado le soppressioni napoleoniche, gli espropri e l'incendio del 1922 che distrusse gran parte dell'abside. È naturale, pertanto, ipotizzare che l'opera proprio per essere salvata da questi infausti avvenimenti, possa essere stata trasferita in diversi ambienti all'interno dello stesso complesso, compreso l'adiacente monastero, e ancora spostata in più punti della chiesa, come dalla seconda cappella di destra al presbiterio, verosimilmente proprio allo scopo di individuare una più adeguata situazione di fruibilità, nonché una superficie adatta a una buona conservazione.
Come sottolinea Jadranka Bentini nel puntuale contributo al catalogo edito in occasione dell'esposizione del 1985, le difficoltà di lettura del dipinto non hanno inficiato l'attenta analisi di Arcangeli che nei primi anni Sessanta, con felice intuizione, evidenzia l'evolversi del "ferrarerismo" dai vaghi echi dossiani in un cauto e assorto modello michelangiolesco, assimilato dal giovane Bastianino nel corso di un primo soggiorno romano.
Annotazioni che inducono a inquadrare la nostra tavola nella produzione giovanile dell'autore, ma, come evidenzia sempre la Bentini, a parte la similitudine paesaggistica con l'Adorazione dei Magi di Sant'Antonio in Polesine, dopo aver esplorato l'analogia con gli esempi carpiani, definisce il San Girolamo del Filippi "un gigante meditativo che segna una adesione pressoché totale ai modi di Michelangelo".
Mette, pertanto, in primo piano soprattutto la sorprendente assonanza con una delle Sibille di San Cristoforo alla Certosa, ragionando così su una datazione della pala restaurata non più intorno alla prima metà del XVI secolo, ma posteriore a quella relativa all'impianto del tempio certosino, documentata con certezza attraverso il contratto di committenza, stipulato nell'agosto del 1565. Su questa base, il dipinto della Madonnina viene inserito nella produzione più matura del Bastianino, seppur non ancora vicino alla maniera veloce e replicata dove l'immagine risulta offuscata dall'inconfondibile atmosfera fumosa.
L'impianto spaziale del santo eremita, seppur non circoscritto dalla forma ovale presente nella Sibilla è, come in questa, fortemente compresso, soprattutto nella figura monumentale del soggetto, caratterizzata dalla postura degli arti che fungono da elementi prospettici, racchiudendo in un gesto pacato e contemplativo una forte tensione interna.
Nel San Girolamo penitente, viene lasciato maggior spazio all'ambientazione paesaggistica, ma appare subito chiaro che il santo immerso in solitaria meditazione, con tutta la sua fisicità, è proposto non unicamente come elemento pittorico, ma acquisisce una rilevante importanza scultorea relegando in secondo piano i tradizionali attributi che sembrano quasi spinti oltre i limiti del dipinto.
Il nostro Girolamo appare come un uomo di notevole vigore fisico e intellettuale, come si addice peraltro a un pellegrino della Terrasanta, che dopo tanto viaggiare si ritira nel deserto siriano a vivere da eremita, ma non tralascia accanto alla preghiera lo studio degli antichi testi ebraici; come unici compagni, gli animali del deserto e il fedele leone a cui aveva estratto una spina dalla zampa che, insieme al cappello cardinalizio, sono gli attributi più frequenti.
L'opera, definita generalmente come un dipinto denso dai toni bruni, lontano dai particolarissimi cangianti lilla e citrini esaltati da Arcangeli, anche con la pulitura effettuata da Pietro Tranchina conserva un'atmosfera brumosa, interrotta dalla calda luminosità del rosso lacca del manto e del copricapo cardinalizio.
Ora, dopo l'impegnativo intervento di restauro, e una volta attivate tutte le misure di tutela, la tavola potrà riprendere posto nella sua sede originale e, in occasione della presentazione al pubblico programmata nell'ambito delle celebrazioni dedicate al Bastianino promosse dalla Fondazione Cassa di Risparmio, i Musei Civici di Arte Antica di Ferrara che unitamente alla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Bologna hanno curato l'intervento di recupero, avranno occasione di illustrare accanto a Pietro Tranchina le fasi metodologiche di restauro adottate per il San Girolamo penitente.