Casa Minerbi

Scritto da  Ranieri Varese

Casa Minerbi: la Prudenza.La storia e il destino esemplare di una delle più grandi e inaccessibili bellezze artistiche di Ferrara.

La zona ove sorge il complesso di "Casa Minerbi" era, prima delle grandi addizioni rinascimentali, una delle più importanti della città: fittamente abitata, ospitava - oltre allo Studio estense - numerose magistrature cittadine. Il gruppo di case che ci interessa, fra loro nei secoli collegate, era nel XIV secolo di proprietà della famiglia Del Sale, la cui presenza e importanza è attestata a Ferrara dal 1205 sino al 1587; si trasferirà poi a Ravenna, dove si estingue con la morte, nel 1837 e nel 1841, delle sorelle Marianna e Benedetta, nubili.

 

Via Giuoco del Pallone è una delle più antiche strade cittadine; su di essa si apriva l'ingresso principale del Palazzo del Paradiso, sede dell'Università: gli studenti abbandonavano spesso le aule e scendevano a giocare alla palla nella via, da qui il nome che sostituì quello di Strada di Santa Maria delle Bocche, dal titolo di una chiesa distrutta poi nel XVIII secolo.
Tale perdita è particolarmente dolorosa perché Carlo Brisighella, agli inizi del Settecento, dà notizia - benché generica - della presenza di primitivi affreschi; nella stessa strada era pure l'antichissima chiesa di San Clemente, demolita nel 1806.

 

Casa Minerbi: la Fortezza.Ambedue ospitavano confraternite: non è impossibile pensare a un collegamento con i Del Sale - proprietari delle vicine case e importanti nella città - famiglia alla quale pare naturale rivolgersi per sostegno e aiuto anche per la decorazione degli edifici sacri, utilizzando magari lo stesso maestro attivo nel palazzo; ma sono ipotesi oggi non verificabili.
Nella seconda metà del Trecento, la famiglia Del Sale è cospicua in città: Aicardino e Paolo, per esempio, sono consiglieri del Comune e Giovanni lo è, nel 1393, per la tutela dell'ancora minore, ma futuro marchese, Niccolò III. Carlo Ludovico Ragghianti ragionevolmente ipotizza che il nome derivi da una funzione svolta: «Non è quindi temerario pensare che sia come eredità, sia come delega più o meno recente, un Del Sale abbia esercitato una magistratura giudiziaria, così come altri della stessa famiglia avevano rivestito cariche politico-amministrative o religiose; e l'abbia esercitata presso la propria residenza.»

All'interno dell'edificio vi sono tracce di altri affreschi, in particolare - ma non solo - nella stanza detta "degli stemmi", ci limiteremo per ora a osservare che il grande ambiente con i Vizi e le Virtù possiede, sia per programma iconografico, sia per collocazione e conformazione all'interno del complesso, tutte le caratteristiche di una destinazione pubblica. Si tratta infatti di un'ampia sala, un tempo indipendente e con un accesso diretto dall'esterno.

 

Casa Minerbi: Idolatria (part.).Nelle pareti sono raffigurate le "virtù cardinali" - Giustizia, Prudenza, Fortezza e Temperanza - e le "virtù teologali" - Fede, Speranza e Carità - accompagnate dai vizi corrispondenti. Un progetto unitario sovrintende al ciclo ove le Virtù e i Vizi sono rappresentati secondo una visione gerarchica e una volontà didattica che, senza alcuna ambiguità, propongono - a chi guarda - i valori ai quali bisogna fare riferimento.Le Virtù sono infatti nella fascia superiore e sovrastano i Vizi, descritti in quella inferiore, secondo una tradizione figurativa largamente diffusa e della quale altri esempi sono anche in Ferrara (basti pensare al grande affresco con il Trionfo di Sant'Agostino proveniente dalla chiesa di Sant'Andrea, ora alla Pinacoteca). 
Vale, credo, la pena di riconoscere, oltre al generale impianto anche le caratteristiche delle immagini presenti nel salone, a iniziare da quella centrale del Cristo aureolato racchiuso in un cerchio che, mentre benedice, con la sinistra sostiene aperto il libro della verità e della fede. Il cerchio appare già nella Bibbia come immagine dell'eternità e dell'infinito, l'aureola con i tre raggi è esclusiva del Cristo e ricorda la Trinità. A sinistra, un angelo - del quale non va dimenticata la funzione protettiva - presenta una figura maschile inginocchiata.

 

Casa Minerbi: la Fede.Ci troviamo, senza alcun dubbio, di fronte al committente dell'affresco il quale, se vogliamo credere alla datazione 1360-1370 proposta dal Ragghianti, potrebbe essere Gilberto Del Sale, citato in documenti dal 1355 al 1397, e ricordato come abitante della «contracta S. M. de bucho».
A destra un Arcangelo - messaggero divino - presenta la Croce e i simboli della Passione. In alto, a destra e a sinistra, angeli adoranti. Non si tratta della Gloria di Cristo, come viene generalmente indicato, ma è invece un austero richiamo all'obbligo di osservare i precetti cristiani, obbligo al quale del resto rimanda tutto il ciclo.
Iniziando la lettura da sinistra, troviamo, fra loro collegate e contrapposte, la Prudenza nello scomparto superiore e la Follia in quello inferiore.
La prima è riconoscibile dai due volti, che significano la considerazione delle cose passate e di quelle future; il compasso è la misura del giudizio che deve essere applicato a ogni comportamento, per questo è collegato con il mondo.

 

Al centro del globo è, probabilmente, Gerusalemme, dove è il sepolcro di Cristo e dalla quale nascono i fiumi divini. La Follia è rappresentata da un uomo con le vesti lacerate, una corona di piume in capo e una serie di campanelli appesi alla cintura. È il buffone, il giullare, il cui comportamento si contrappone a quello dell'uomo prudente.
La Fortezza è una figura femminile che porta gli attributi di Ercole, la clava e la pelle di leone che la ricopre; la cintura ha al centro un leone rampante; un leone accovacciato a destra del sedile marmoreo è tenuto sottomesso, simbolo del coraggio controllato dalla ragione. Sottoposta alla Fortezza è una figura femminile mutila, priva di attributi che ne consentano l'identificazione; se pensiamo alle numerose sequenze ancora conservate possiamo pensare all'Incostanza o all'Ignavia.

La Temperanza è rappresentata da una donna che sorregge una città ove si vedono gli abitanti, in cima alle torri, in conflitto tra loro. Con la mano destra chiude a chiave la porta della città, a significare che la violenza viene allontanata. Di sotto, l'Ira che, travolta dalla passione, si straccia le vesti. È da notare l'iconografia inconsueta della Temperanza, in genere accompagnata da una briglia, la quale sottolinea il significato pubblico e civile dell'intero affresco.
A destra, la Giustizia, incoronata, che sorregge la bilancia, simbolo di imparzialità, ove vengono pesati gli atti compiuti dagli uomini. In uno dei due piatti si vede una scena di decapitazione. La figura dell'Ingiustizia è mutila, in questo caso aiuta il referente giottesco qui iconograficamente ripreso con puntualità. È rappresentato un giudice che ingiustamente delibera. La Fede è riconoscibile dalla croce che leva alta; le si contrappone l'Idolatria, rappresentata da una donna legata con una catena all'idolo che sorregge nella mano.

 

Casa Minerbi: particolare della Temperanza.La Carità, incoronata di fiori, è raffigurata mentre esegue una delle opere di misericordia: dà da mangiare agli affamati. Di fianco, la figura della Speranza nel momento in cui riceve da un angelo la corona, simbolo della vita eterna. Sono scomparsi i vizi corrispondenti che si trovavano negli scomparti sottostanti: l'Avarizia e la Disperazione. Vi sono infine alcuni medaglioni con ritratti e figure simboliche. L'iconografia è quella tradizionale, le varianti accentuano il significato "pubblico" della sala.
Giotto dipinge a Padova, fra il 1303 e il 1305, nella Cappella degli Scrovegni, un ciclo di affreschi ove appaiono anche i Vizi e le Virtù. Sono stati spesso accostati alle immagini ferraresi, ma il legame si manifesta vago e generico appena se ne verificano le corrispondenze. Sia sul piano formale, sia su quello iconografico, i rapporti sono lievi e superficiali; basti ricordare che Giotto dipinge delle statue mentre il maestro che opera a Ferrara non rinuncia a dare spessore umano e fisica consistenza alle sue figure. Per quanto riguarda la riconoscibilità dei temi, solo la Follia e l'Ira, l'Ingiustizia e l'Idolatria possono essere accostate.

Le decorazioni di Casa Minerbi restano a lungo ignorate, anche se ne circolava qualche incerta notizia. Le raccoglie, per esempio, il Melchiorri, il quale scrive, nel 1918: «Nella bella casa, già di Giuseppe Tedeschi, proprietà dell'attuale Settimio Minerbi, sotto portici sorretti da colonne di marmo, aventi a sinistra un edifizio Estense, detto l'Osteria del Paradiso, entrando al n. 21, si può vedere una sala (deturpata dalla speculazione con tramezzi e privata della luce e dell'aria) frescata da pitture trecentesche, raffiguranti le virtù teologali, immagini sacre e personaggi diversi.»

 

Casa Minerbi: particolare della Prudenza.Nel 1954, su richiesta del proprietario, Francesco Arcangeli rileva, in una breve relazione mai edita, un diretto legame con gli affreschi di Giotto a Padova e conclude «potrà trattarsi di un forte maestro toscano, attivo a Ferrara nel cuore della seconda metà del Trecento, e che avesse assorbito anche elementi di cultura veneto-padana».
Roberto Longhi, nei Nuovi Ampliamenti dell'Officina Ferrarese, stesi fra il 1940 e il 1955, ne accenna lateralmente: «si mostrano ormai di pari passo con il fare "neogiottesco" della cultura padana, e particolarmente padovana, a cavallo dei due secoli; ... qui è desunta dagli Scrovegni la figura dell'Ira per mano di questo anonimo la cui nascita ferrarese non è affatto certa.»

Il primo che affronta in maniera organica il tema del riconoscimento della cultura figurativa e della qualità formali del "Maestro di Casa Minerbi" è, nel 1970, Carlo Ludovico Ragghianti. Le sue conclusioni ci paiono ancora oggi valide. Lo studioso indica lo schema della partizione delle pareti - 2/1 = 1/2 - secondo un duplice "passaggio alternato" per cui «i riparti maggiori e gli specchi minori si compongono in un seguito di quadrati regolari risultanti sui due lati, e ne deriva una ritmazione compositiva di spostamenti di alta e sottile speculazione.» Osserva infine la presenza di legami con Tommaso da Modena, Altichiero e Jacopo Avanzi in un «artista che si move nell'esperienza giottesca senza nessun servilismo, nemmen culturale».

In questi anni è attivo a Ferrara, come pittore, Bartolomeo, figlio di Guglielmo da Bologna; grazie al recupero documentario compiuto da Adriano Franceschini, sappiamo che dal 1376 al 1402 abita nella contrada San Gregorio, in un atto del maggio 1378 appare in contatto con Stella Del Sale, nel 1380 e nel 1393 riceve l'investitura di terre dai priori di Santa Maria in Vado. La sua vicenda terrena si muove quindi negli stessi spazi in cui agiscono i Del Sale e non è forse azzardato proporre il suo nome per l'esecuzione degli affreschi.
L'analisi, se pur sommaria e schematica del ciclo, non può prescindere dal ricordo di chi lo ha scoperto e salvato. Giuseppe Minerbi raccontava come, ragazzo, si fosse insinuato in quegli ambienti citati dal Melchiorri e avesse visto a lume di candela, filtrati dalle ragnatele, in parte nascosti da oggetti accatastati, quei volti e quelle immagini che oggi possiamo conoscere nella loro interezza.
L'impegno civile che ha caratterizzato tutta la sua vita lo portò poi, avendo la disponibilità dell'edificio, a promuoverne il restauro e a prevedere, attraverso un separato accesso, la pubblica visione della sala. L'incontro con l'architetto Piero Bottoni fu occasione di arricchimento per la città.

 

Casa Minerbi: allegoria dell'Ira.In tempi di generale disattenzione verso le testimonianze del passato, la scelta di destinare una parte delle proprie risorse alla "improduttiva" operazione del restauro è da ricordare come modello ed esempio che va con forza indicato e proposto. Giuseppe Minerbi tuttavia non si limitò a questo, ma volle e promosse anche lo studio degli affreschi; il volume di Carlo Ludovico Ragghianti, edito dall' ICCRI grazie anche all'interessamento della Cassa di Risparmio di Ferrara, nasce da questa caparbia volontà.
Io ne possiedo copia con una sua dedica che ancora mi intimorisce per l'auspicio e, per questo, sempre più cara. «A Ranieri Varese con l'augurio di approfondire lo studio del suo Maestro. Beppe Minerbi.»

Il palazzo è oggi in corso di acquisto da parte dell'Amministrazione Comunale di Ferrara che, lodevolmente, si è mossa evitando che finisse in mani private e lo ha destinato a sede dell'Istituto di Studi Rinascimentali.
Mi sia permesso di formulare due auspici. Il primo che a Giuseppe Minerbi sia intitolato l'edificio; il secondo che l'Amministrazione proceda all'acquisto anche dell'adiacente salone, egualmente affrescato. Si compirebbe così quell'operazione di reintegrazione del patrimonio cittadino che Minerbi aveva avviata, con tanta intelligente previsione, in anni ormai lontani.