Una scommessa vincente?

Scritto da  Giancarlo Pola

Immagini dell'Università di Ferrara.Presto una nuova facoltà di economia arricchirà le aree didattiche dell'Università di Ferrara.

Proprio nei giorni scorsi il Comitato Universitario Nazionale ha approvato il progetto dell'Università di Ferrara di istituire al più presto una Facoltà di Economia, una delle poche qualificazioni didattiche ancora mancanti al nostro Ateneo. Per chi scrive - sostenitore da sempre di questa opzione, anche contro manifeste e non manifeste opposizioni - si tratta di una non piccola soddisfazione, che pone fine a una situazione di prolungata frustrazione.


Occorre chiarire subito che si tratta dell'inizio di un iter che non si concluderà prestissimo - occorre eleggere un Comitato Tecnico Ordinatore, e ciò porta via tempo - e che si dovrà armonizzare con quello dei preparativi edilizi e logistici in genere. Realisticamente, nonostante l'impegno che nella vicenda stanno profondendo gli organi accademici, non è pensabile che la Facoltà possa partire con i corsi prima del secondo semestre dell'anno accademico 1997/1998, vale dire circa nel marzo 1998: qualsiasi data anteriore venga prevista è da considerare azzardata.

Per quanto riguarda il merito dell'iniziativa, va precisato che, per il momento, l'autorizzazione ministeriale si limita a concedere quanto a suo tempo richiesto, cioè una Facoltà di Economia (non più di Economia e Commercio) che per ora prevede il solo Corso di laurea in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni Internazionali, uno dei dodici corsi previsti nell'ambito della Facoltà.

Solo successivamente, e previe approvazioni a livello nazionale e regionale, potranno essere attivati i corsi di laurea più tradizionali quali Economia e Commercio ed Economia Aziendale. Tali sviluppi saranno grandemente facilitati dal fatto che i nuovi corsi potranno appoggiarsi a un biennio iniziale, che è uguale per tutta la Facoltà di economia.

 


Immagini dell'Università di Ferrara.Anche con i suddetti limiti, l'iniziativa ha un senso e una funzione ben precisi. Infatti, una buona amministrazione pubblica all'interno - a tutti i livelli di governo - e proficui rapporti con le istituzioni internazionali costituiscono premesse indispensabili per il successo di ogni sistema economico nazionale. Mentre in tutto questo il ruolo delle scienze giuridiche e politiche è tradizionalmente (e forse legittimamente) preponderante, non altrettanto può dirsi del ruolo delle scienze economiche. Soltanto nelle "grandi occasioni" la scienza economica e i suoi segreti vengono chiamati alla ribalta della gestione della cosa pubblica. Ed ecco spiegato perché l'Università di Ferrara intende dotarsi al più presto di una Facoltà di Economia provvista di tale profilo.

Come sostiene in un suo saggio l'economista (e assessore al bilancio del Comune di Bologna) Delbono - relatore al seminario dedicato a tale tematica che si è tenuto il 18 ottobre presso la Facoltà di giurisprudenza - l'economista «ha un vantaggio comparato» rispetto ad altri «operatori  intellettuali» nel forgiare e/o modificare il disegno delle istituzioni e delle amministrazioni che le governano, soprattutto quando può sperimentare le sue proposte su scala locale.

Nell'affrontare alcuni nodi caratterizzanti l'attività pubblica (decisioni su investimenti, su rapporti commerciali internazionali, sulle relazioni finanziarie intergovernative e tra settore pubblico e privato) noi aggiungiamo che non si vede quale altro bagaglio accademico, che non sia quello di una Facoltà di economia appropriata, possa reggere la sfida.
La strada della formazione accademica volta al servizio del settore pubblico è già stata ampiamente sperimentata in alcuni paesi (per esempio in Francia con l'Ena) ed è sempre più battuta sia in Europa (la Spagna conosce da otto anni un Diploma triennale di Gestione Pubblica) sia in America.

Con la scelta di dedicarvi uno degli indirizzi tematici della Facoltà di economia, l'Italia compie un deciso balzo in avanti. L'Università Bocconi è stata velocissima nel prendere al volo l'opportunità offerta dal nuovo corso di studi, cosicché la Facoltà sta sfornando i primi laureati.

E Ferrara che prospettive ha? Un'indagine "di mercato" svolta a tavolino mediante l'accurata analisi statistica delle realtà accademiche circostanti porta a concludere che la domanda potenziale di iscrizioni al solo biennio qualificante (domanda proveniente da giovani che hanno effettuato il primo biennio in atenei vicini) supera le duecento unità: una cifra che consentirebbe un ottimo rapporto studenti/docenti e una conseguentemente buona qualificazione del prodotto.

Ma l'attivazione simultanea del biennio qualificante e del primo biennio (valido come passaporto per un qualsiasi indirizzo non esistente a Ferrara) porterebbe le iscrizioni, secondo la stessa ricerca, intorno alle mille unità annue. Infatti, attualmente si può stimare che gli iscritti ferraresi alla facoltà di Economia delle città vicine (in primo luogo, Bologna) siano circa 1400: erano 873 nell'anno accademico 1991-1992 e da allora la crescita è stata continua. Bologna fa ovviamente la parte del leone, con il 90% di assorbimento di studenti ferraresi.

Immagini dell'Università di Ferrara.Pur tenendo conto del calo delle iscrizioni che sta già creando qualche preoccupazione in più di un Ateneo, si può immaginare che a regime, cioè attorno all'anno 2000, la Facoltà ferrarese potrà contare su almeno 1000 iscritti, dei quali sette o ottocento ferraresi che sarebbero andati altrove e due o trecento non  ferraresi attratti dalla serietà e dalla tipicità dei curricula che Ferrara offrirà. Ora, mille iscritti significano, alle condizioni attuali, circa un miliardo e mezzo di introiti  aggiuntivi per l'Università: una somma che basterà a coprire ampiamente l'aumento delle spese correnti.


Le prospettive di viability dell'iniziativa, quindi non sono brutte, anche se è noto che non si potrà sperare in alcun aiuto finanziario da Roma. Viceversa, va sottolineato che saranno le forze cittadine - tra cui va evidenziato il generoso sostegno preannunziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, nell'ambito del costituendo Consorzio, al restauro della futura sede della facoltà e alle prime spese correnti - a sussidiare l'avvio dell'intrapresa.

Come economista, poi, non posso trascurare il positivo effetto macroeconomico di tipo keynesiano di una nuova struttura pubblica. La mobilitazione di risorse pubbliche aggiuntive genera sempre, tramite il moltiplicatore, un incremento di reddito di cui fruisce la collettività che riesce a soddisfare la domanda attivata. Già tempo fa il sottoscritto aveva portato all'attenzione della stampa una approfondita ricerca su questo tema, ma c'è di più: rovesciando la consueta terminologia, non c'è solo il "lucro emergente"; c'è anche il "danno cessante".

Oggi da Ferrara esce un flusso significativo di denaro (attraverso gli studenti pendolari e stanziali in altre città) che potrebbe vantaggiosamente rimanere nel circuito economico locale. Se si ipotizza che dei mille studenti ferraresi oggi iscritti a Bologna o altrove anche solo duecento siano colà residenti, e se sì calcola un canone di affitto medio per studente di quattro milioni all'anno, siamo già a un risparmio di 800 milioni.
Attribuendo poi a tutti i frequentanti (circa la metà) una spesa settimanale minima di centomila lire (per otto mesi), si ha un altro miliardo e mezzo di spesa. Totale, approssimando per difetto, 2,3 miliardi all'anno di "danno cessante".

Sommando i due addendi, ovvero reddito aggiuntivo da moltiplicatore e mancate spese delle famiglie ferraresi, azzarderei un guadagno materiale per la collettività ferrarese, proveniente dalla nuova Facoltà, compreso tra i quattro e i cinque miliardi all'anno. Senza contare i guadagni immateriali, che sono più opinabili ma che, certamente, esistono.

Da Giancarlo Pola