La luce del Giudizio

Scritto da  Jadranka Bentini

Un'immagine del Giudizio.Restauro e rivitalizzazione di un capolavoro ferrarese.

Fra i restauri di eccellenza operati sul patrimonio artistico ferrarese una menzione particolare merita quello, recentissimo, sul Giudizio Universale di Bastianino dipinto nel coro absidale della Cattedrale, un testo difficile e tutto sommato poco amato della storiografia locale che nell'esaltarne il potenziale di maestosità michelangiolesca ne ha poi sempre sostanzialmente ridotto la portata ideativa e l'originalità pittorica.

A dare risalto a questo originale documento dell'officina ferrarese è stata la Fondazione della Cassa di Risparmio che, affidando alla cura di Ottorino Nonfarmale le operazioni di consolidamento e di pulitura sotto la sorveglianza degli Uffici di Tutela, ha ricondotto il grande invaso della Cattedrale a una lettura chiarificatrice del potentissimo dramma umano e divino immaginato dal Filippi maturo sul canovaccio del Buonarroti.



Un altro particolare del Giudizio.Questa stessa rivista ha dedicato un numero intero (il 13, per l'esattezza), lasciando spazio a studiosi e specialisti per stilare nuovi appunti su quell'età del tramonto del Rinascimento ferrarese che proprio il Bastianino riuscì a interpretare nella sfinitezza eroica delle sue figure, scomposte sempre al primo sguardo, sfuggenti e fumose, compiute invece se viste in lontananza nella profondità di uno spazio immaginato o nell'empireo celeste, come nel nostro caso.

Non è impresa solitaria per la Fondazione che già in un recente passato aveva scelto di operare per il catino absidale di San Paolo sul Ratto di Elia dello Scarsellino, prova del tutto differente, dipinta più di un decennio dopo da uno spirito ben diversamente orientato verso la pittura veneta che pure tanto suggestionò anche Bastianino.

Un'immagine del Giudizio.Se da quel restauro lo Scarsellino venne svelato in tutta la sua originalità di pittore di spazi aperti, di paesaggi naturali eretti da quinte improbabili per una ricostruzione popolare degli eventi biblici, dall'intervento in Cattedrale Bastianino è uscito squarciato in tutta la sua potenzialità di drammaturgo di titanici fantasmi, orchestrati in gruppi di sapiente composizione fra cielo e terra, in un vortice aereo che attira e trascina gli stessi dannati riesumati dalla fossa a cui sono destinati.

La pulitura ha dato sfogo finalmente alla luce, elemento primario della comprensione di questo capolavoro del tardo manierismo, senza il quale ancora il Filippi si sarebbe aggirato nelle brume fumose dei limbi solitari o nelle preziose tinte dei piccoli formati da stanza.
Bastianino si rivela pittore in chiaro, pur nella tecnica mista che adopera, dosatore di mezze tinte e di bianchi candidi e filamentosi, di colori teneri o acidi che sullo sfondo risaltano a fare da contrappunto al bruno dei nudi diabolici e dei dannati avviluppati in una kermesse, dove la materia fisica si stempera nel segno incompiuto dei limiti corporei.

Un altro particolare del Giudizio.Se un restauro doveva ridare vita a un'opera d'arte (difficile quella in questione per la sua storia sofferta di capolavoro negato), riconsegnandone il senso e l'azione, l'obiettivo è stato raggiunto, per di più consentendo una lettura di ogni sua parte attraverso il rilevamento costante di ogni particolarità tecnica ed esecutiva.

L'interpretazione longhiana, quella di Francesco Arcangeli soprattutto, risultano così, ancora una volta, risolutive: ma potevano esistere dubbi in proposito, ne andavano però ricercate ulteriori prove per sancire quella assoluta originalità dell'autore che deborda costantemente dai confini della materia trasmutandone il senso, confinandola nell'ombra, quasi negandole la parvenza stessa di esistere.