Medico, soldato e scrittore

Scritto da  Giuseppina Bock Berti
Corrado Tumiati nella casa di campagna con i fratelli Leopoldo e GualtieroCorrado Tumiati (1885-1967) tra medicina, guerra e letteratura 

Un recente incontro organizzato assieme a colleghi storico-medici in occasione della presentazione al Teatro Arsenale di Milano de 'La tragica storia del dottor Semmelweis' di Louis Ferdinand Céline, ha portato a riflettere sul curioso legame che unisce medicina e letteratura. Questo intreccio che si manifesta spesso in maniera eclatante è forse qualcosa di più che una semplice coincidenza ? È emerso anche in quell'occasione il nome di Corrado Tumiati la cui figura era stata al centro di una mia 'lettura', nel Congresso della Società Italiana di Storia della Medicina dello scorso ottobre, su medicina, guerra e letteratura. Per quell'occasione, consultando la bibliografia specializzata, mi sono imbattuta in un personaggio al cui proposito ho letto testualmente: 'perché non menzionare Tumiati ? '. In realtà di lui si parla in un volume dedicato ai medici?scrittori (A. Cherubini 1990) e oltre 300 voci su internet lo riguardano; ma io non ci avevo fatto caso.
Eppure, Corrado Tumiati fu medico e psichiatra; fu combattente (quindi medico in guerra); a lui fu assegnato nel 1931 il Premio Viareggio (quindi medicina e letteratura).
Un'altra importante circostanza: io sono ferrarese. Anche Tumiati lo era.
Non l'ho mai conosciuto, ma sono cara amica dei suoi figli e dei suoi nipoti. Un Corrado Tumiati 'famigliare', partecipava dunque ai tre temi del congresso.
La vita di Corrado Tumiati è ricostruita in modo semplice ma estremamente efficace dal nipote Gaetano, in un articolo apparso su questa rivista nel 1998 in occasione dell'apposizione sulla facciata natale della casa ferrarese di una lapide con la quale il Comune di Ferrara ha inteso ricordare i meriti di una famiglia. Si ricordano, infatti, oltre a Corrado, i fratelli maggiori: Domenico, poeta e drammaturgo; Gualtiero, attore teatrale; Leopoldo, professore universitario, e giurista; e suo figlio Francesco, combattente in Libia, partigiano, ucciso dai fascisti.
Corrado qui nacque nel 1885. Il padre Gaetano era avvocato; la madre Eda Ferraresi figlia di medico. Secondo tradizione presso molte famiglie ferraresi di fine Ottocento, tutti i fratelli Tumiati compirono gli studi classici a Firenze, dai Barnabiti, al termine dei quali, Corrado che aveva assaporato e gustato lo stimolante clima della città natale segnato dalla presenza dei pittori Giovanni Previati e Filippo De Pisis e del poeta Corrado Govoni, si trovò a scegliere: facoltà umanistico-letteraria cui era, si potrebbe dire, geneticamente portato (si pensi solo alla penna di Gaetano Tumiati, alla letteratura per l'infanzia di Lucia Tumiati Barbieri, alla incisiva narrativa di Roseda Tumiati Ravenna, che recentemente ci ha lasciati); oppure facoltà medica che nel profondo lo attirava alla conoscenza dell'uomo e dei meccanismi che stanno alla base della sua interezza psico-fisica e sociale. 
Corrado Tumiati nella sua casa di Firenze, negli anni Sessanta.Scelse quest'ultima facoltà e, dopo il primo triennio nell'allora libera Università estense, continuò nuovamente gli studi a Firenze, in quell'Istituto Superiore che si distingueva allora per il magistero di professori illustri quali, tra gli altri, Pietro Grocco, Guido Banti, Ferruccio Schupfer. Con quest'ultimo discusse la tesi (argomento: il cancro dello stomaco) e ottenne la laurea a pieni voti, con immediata offerta di assistentato. Corrado si trovò così ancora una volta a scegliere tra una promettente carriera universitaria in campo clinico- scientifico e un'ansia umanitaria (si direbbe quasi) che lo portò senza indugio ad optare per l'attività medicopratica, in qualità di assistente nel manicomio di Pesaro diretto da Antonio D'Ormea. A Pesaro era altra cosa (guardie di 24 ore a giorni alterni, obbligo di alloggio e vitto nella struttura); e poi, il rapporto con i malati particolarmente intenso, a volte drammatico, a volte inutile. Ma era vero rapporto umano.
E questo a Corrado importava ! Seguì D'Ormea a Siena nel 1910 e qui, per tre anni, al lavoro ospedaliero aggiunse la frequenza presso l'Istituto di fisiologia di Brunacci che gli permise di approfondire le conoscenze anatomo-fisiologiche sul sistema nervoso.
Si impegnò molto nella ricerca in campo neuropsichiatrico e pubblicò contributi di tecnica manicomiale, di clinica e terapia su riviste specialistiche cui partecipò anche in qualità di redattore. 
Corrado Tumiati negli anni Trenta, medico presso: Ospedale Psichiatrico di Siena.Nel 1913, vincitore di pubblico concorso si trasferì a Venezia e praticò la professione a San Servolo, adoperandosi sul fronte della riforma strutturale degli ospedali psichiatrici. Qui nel 1920 fondò il periodico 'La Voce Sanitaria' che divenne poi organo ufficiale della Associazione dei Medici dei Manicomi Pubblici Italiani e che dal 1926 uscì con il titolo di 'Igiene Mentale'. A lui si deve l'apertura di un 'Patronato per i malati di mente', di un 'Dispensario psichiatrico' rivolto in particolare all'assistenza dei fanciulli. Umanizzazione della psichiatria, medicina sociale, igiene e profilassi mentale, educazione famigliare dal basso, proposte innovative e individuazione dei mezzi per la loro organizzazione e realizzazione, pongono Tumiati con i suoi oltre 60 lavori pubblicati in argomento, in posizione di lungimiranza e di avanguardia per i successivi sviluppi della disciplina in Italia.
Poi tutto termina. Dissapori e divergenze politiche con l'autorità prefettizia lo portarono nel 1931 ad abbandonare la professione. Ho l'impressione che Corrado Tumiati possa essersi trovato nuovamente di fronte al dilemma Medicina o Lettere. Questa volta l'ago della bilancia si sposta decisamente verso le Lettere. Si stabilisce a Firenze e qui muore nel 1967. A Ferrara, il cui ricordo ogni anno più acuto e dolente in lui risorgeva come quello di una persona cara, con volto sempre più bello ('nebbia e caldo', lo condivido anch'io!) non tornò più. Nella splendida Certosa della città, come ho potuto constatare, nella tomba della Famiglia Tumiati, Corrado non riposa.
Nella grande guerra, Tumiati dal giugno 1915 al settembre 1919 è anche soldato: tenente medico negli ospedali territoriali; in prima linea nel Carso e sul Piave; responsabile di ospedaletti da campo; organizzatore a Trieste dei servizi sanitari del Corpo dei Finanzieri. Credo che egli rientri nella complessa cornice del medico-soldato in cui ognuno ha la sua storia da raccontare; ognuno esprime emozioni ed esperienze del tutto particolari, legate anche alla propria professione specialistica di base. Tumiati è proprio tra questi. Non dimentichiamo che era di Ferrara e che la locale Accademia delle Scienze Mediche e Naturali, nell'aprile del 1916, su proposta del Presidente Gaetano Boschi, psichiatra, dava avvio alle pratiche per l'istituzione di 'Riunioni medico-militari' subito approvata dall'Ispettorato di Sanità militare. Tali riunioni, aventi ad oggetto 'Medicina e Chirurgia di guerra', aperte, oltre ovviamente agli accademici, ai medici degli ospedali militari e della Croce Rossa di Ferrara e Rovigo, sono documentate nei relativi 'Atti.
In questi si può leggere e apprezzare una 'memoria originale' di Tumiati del luglio 1916. L'intestazione è: 'Ospedale militare di riserva di Ferrara, Reparto speciale per malattie nervose diretto dal maggiore medico prof. Gaetano Boschi'. Il titolo: 'La guarigione sollecita del mutismo di guerra col metodo del Lombard, per il dottor Corrado Tumiati, tenente medico'.

Un ritratto a matita di Corrado Tumiati eseguito da Giovanni Colacicchi come studio preparatorio de Il giudice di Locri, destinato al Palazzo di Giustizia di Milano.A questa 'Memoria', squisitamente tecnica si affianca un'opera spostata decisamente sul piano letterario. Ancora guerra e medicina. Si tratta di Zaino di Sanità (1915-1918). Mi piace trascrivere qualche passo dell'introduzione:
'Il peso di quel'umanissimo fardelo mi è rimasto nel cuore? Perché, più dei pericoli, delle privazioni e dei disagi ai quali il medico va incontro come ogni altro combattente? il peso di quel servire nasce dala crudele coincidenza di due doveri spesso contrastanti: quelo del medico e quello del soldato.
[...]La consuetudine col dolore non ispegne la sensibilità, quando c'è, ma l'affina e l'irrobustisce[...]Prova di questo sembra essere la passione comune, da sempre a tutti i medici per le manifestazioni superiori della letteratura e dell'arte[...]. L'esperienza quotidiana del dolore altrui e l'orientamento materialistico del suo pensiero fanno necessariamente di lui il più deciso avversario d'ogni violenza e d'ogni guerra.
[...]Non mi sono proposto di maledire o di esaltare la guerra (proposito inutile in entrambi i casi) ma di coglierne vari aspetti senza nascondere le mie e le altrui debolezze né le mie o le altrui qualità.
Questo imparziale atteggiamento parve condannabile e pericoloso ai censori del passato regime. Nel 1935 un editore milanese, deciso a pubblicare questi racconti, li sottopose alla censura locale, ma questa, spaventata, se ne lavò le mani e ne consigliò l'invio a quella di Roma. Dopo vari mesi due sbirri si presentarono alla mia casa con un foglio romano dove la sentenza di 'divieto alla pubblicazione' era scritta in tutte lettere.
Penso che in uno Stato civile ogni scrittore, se non violi le leggi, abbia il diritto di chiedere il giudizio dei suoi lettori senza il beneplacito di chi siede al governo.
[...]Tutto sarà vano se i lavoratori non troveranno in sé stessi la forza di incrociare le braccia davanti a ogni officina d'armi e di munizioni o di rifiutare la penna e la parola ai tiranni di domani e ai mercanti di sempre[...].
Zaino di Sanità fu pubblicato solo nel 1947, in unico volume assieme a una ristampa de I tetti rossi.
I tetti rossi, appunto: il titolo potrebbe derivare dal nome popolare attribuito in varie regioni d'Italia all'ospedale dei 'pazzi'. La sua origine si perde nel tempo e sarebbe tutto da vedere. Libro d'artista (premio Viareggio di lire 10.000 nel 1931); I tetti rossi, di un autore proveniente da altra professione ha arricchito la letteratura del tempo di conoscenze nuove e di umanità. Nella prosa scorrevole e moderna, di uno scrittore sereno che scrive senza intenzioni filosofiche o polemiche, i 'pazzi' sono considerati nella loro realtà effettuale, nell'ambiente stesso in cui vivono e soffrono. Si tratta di ricordi e di annotazioni di un uomo incline a rappresentare le cose che più lo colpiscono, il quale vive per dovere di professione in un manicomio.
Il libro che ha conosciuto recente ristampa è costituito da brevi capitoletti contenenti ritratti di malati o di persone con essi, per varie ragioni a contatto (medici, suore, infermieri, parenti); scorci d'ambiente; riflessioni e commenti. Ciascun capitoletto sta a sé, frutto di osservazioni conchiuse. Se in apparenza frammentario, in realtà il libro è armonico e il tutto acquista organicità non per preconcetto schema o predisposto processo formativo, o per voluta ricerca di determianti effetti, bensì per la spontanea ideazione e lo spontaneo svolgimento: sensibilità e delicatezza fanno da collante!
Molti, circa 70, gli scritti letterari di Tumiati, che fu anche storico della medicina. Io mi riprometto di leggere queste opere che ancora non conosco e mi auguro di poter tornare sull'argomento, unendomi a quanto espresso da Cherubini: 'Bisogna avere l'attenzione di meditarlo, di leggerlo senza fretta; arrestandosi ad ogni capoverso. Tumiati apparirà sempre più valido. E' uno scrittore che guadagna ad essere letto e riletto con la più esperta età?'. A me sembra ora di essere in queste condizioni !

C'è molto altro da dire su Tumiati letterato: il giornalista, il traduttore, il poeta. L'economia di queste righe non basta a cogliere le variegate espressioni della sua straordinaria personalità.
Mi limito solo a segnalare che, a Firenze, soprattutto gli anni che conclusero il secondo conflitto mondiale, e quelli successivi, segnarono nella sua vita una svolta decisiva. Il Corriere dela Sera gli avrebbe aperto le porte della terza pagina e riviste di prestigio quali Pan e Pegaso lo vollero tra i loro collaboratori. Ci fu poi l'incontro e l'amicizia con un gruppo di intellettuali: letterati (Vittore Branca), critici (Pietro Pancrazi), musicisti (Luigi Dallapiccola), pittori (Giovanni Colacicchi), politici e giuristi (Piero Calamandrei) e tanti altri. Quest'ultimo, giusprocessualista, lo volle vice direttore e redattore della rivista politico-letteraria Il Ponte, apparsa nel 1945. Il programma era già nel titolo: permettere agli uomini di ricominciare a passare verso nuove rive. In particolare, e mi piace segnalarlo, la paternità autentica del titolo della rivista spetta a Tumiati. 'Ponte' intendeva significare ricostruzione morale, attraverso la cultura e la letteratura, della personalità umana nel senso più libero e responsabile.
Ricordo ancora la sua partecipazione alla fondazione dell'Associazione dei Medici Scrittori Italiani che nel 1952 gli affidò la direzione del periodico La Serpe; nonché la lunga collaborazione (fino al 1963) con L'illustrazione del medico, edita dai Laboratori Magistretti di cui forse qualche medico avrà ancora memoria.
Da segnalare il suo impegno e la sua competenza nella traduzione di classici stranieri, soprattutto francesi (Rénard, Marivaux, Musset e tutto il teatro di Molière). E, a proposito di traduzioni, si deve aggiungere la collaborazione editoriale richiestagli da Elisabeth Mann (figlia di Thomas) che volle accanto a sé proprio lui, collega di lingua italiana, colto e intelligente.

Da ultimo la figura del poeta; la presento attraverso le sue stesse parole: Memoria di me. E sono versi struggenti:
Come pesa il mio passo, come pesa.
Il mio piede sottile lascia un'orma
fonda, precisa
sopra l'umida distesa.
Un'orma segue l'altra e ale mie spalle è tracciato il cammino che ho percorso. Giunto ala diga, giunto alla mia mèta, stanco mi siedo.
Con lo sguardo il cammino ripercorro,
ma l'orme dei miei passi più non vedo.

Non è tutto di Corrado Tumiati; ma un po' di tutto, messo insieme con vero sentimento di ammirazione.