Peregrin che mirando i color muti...

Scritto da  Sergio Raimondi

L'irrimediabile scomparsa dei ritratti degli estensi dal Castello di Ferrara.

Antiche incisioni che riproducono i ritratti dei membri della Famiglia d'Este: Obizzo e Aldovrandino.Del Castello di Ferrara si sa ormai tutto: dai più reconditi particolari della sua spesso modificata struttura muraria agli inquilini che lo abitarono attraverso i secoli, dagli illustri ospiti che vi soggiornarono per arrivare alle tante vicende che, attorno alla sua più antica torre-porta ("dei leoni"), si svolsero a partire dal 1385. Anno in cui il marchese Niccolò II d'Este, volendo dare alla città, ma più ancora a sé e alla sua famiglia una difesa adeguata contro i nemici ("stranieri" o ferraresi che fossero), ne ordinò la costruzione all'architetto Bartolino da Novara.

Il fortilizio, angolato da quattro torri, subirà una prima modifica nel 1470, quando Ercole I farà ristrutturare il cortile e collegare il tutto con la sua residenza nobile (l'attuale palazzo comunale), attraverso la "Via Coperta". Poi, agli inizi del XVI secolo, saranno apportati altri ampliamenti, per la costruzione della cucina e del giardino pensile, mentre la cosidetta "Via Coperta" verrà sopraelevata.

Queste ristrutturazioni e ampliamenti finiranno per far includere il vecchio castello-fortilizio fra le più belle delle diciannove delizie del ducato. Ma a completare l'opera di "ingentilimento" dell'antico castello-fortilizio sarà Girolamo da Carpi quando, nel 1554, nel riparare i danni di violento incendio alla Torre dell'Orologio, introdurrà tante e tali modifiche al vecchio fabbricato da trasformarne in modo sensibile l'aspetto architettonico.

 

Antiche incisioni che riproducono i ritratti dei membri della Famiglia d'Este: Nicolò Zoppo e Alberto. Dopo gli Estensi, la proprietà del Castello passò allo Stato pontificio e quindi alla Municipalità di Ferrara per essere poi definitivamente assegnata nel 1874 all'amministrazione provinciale. I signori di Ferrara furono impegnati per fare del Castello oltre che la loro residenza abituale anche un centro di cultura e di raccolta di un enorme patrimonio di opere d'arte. Meno conosciuto resta il fatto che gli inquilini successivi, dai papalini ai governatori napoleonici, furono altrettanto impegnati nel "trasferimento IN altra sede" di quelle preziosità, anche se buona parte di esse erano già state "prelevate" dal duca Cesare I d'Este, come conseguenza della "devoluzione" del 1598.
A volte, però, a distruggere un patrimonio artistico basta il tempo. Ne è prova la galleria di ritratti fatti dipingere dai duchi nelle pareti del cortile del Castello per eternare i regnanti della loro dinastia, dall'originario ceppo longobardo ad Alfonso II.

Il voler eternare attraverso le immagini i propri antenati è una tentazione antica, e quindi non poteva non vedere impegnate in tal senso anche le corti regnanti che, pur di dar lustro e gloria alle loro dinastie, non guardarono né a spese né a mezzi.
Gli Estensi non furono secondi a nessuno e tutta la loro disinvolta politica fu sostanzialmente tesa a esaltare e a far esaltare il patrimonio dinastico che ritenevano di rappresentare.

 

Antiche incisioni che riproducono i ritratti dei membri della famiglia d'Este: Borso I ed Ercole I.Ecco perché non fa meraviglia leggere in alcune fonti che furono addirittura duecento i ritratti degli antenati fatti dipingere, da questo o quel principe, nelle pareti del cortile interno del Castello ferrarese. Lo storico Girolamo Baruffaldi senior, nella sua "Descrizione delle pitture e sculture che si veggono nei luoghi più insigni e pubblici della città di Ferrara" del 1734, scrive che il cortile del Castello "è tutt'intorno dipinto in chiaroscuro-giallo, da terra fino alla sommità, con li ritratti di tutti i Principi della S.ma Famiglia Estense [...] con nomi e tempi in cui dominavano così in Italia come fuori".
Così come va detto che alcuni lacerti pittorici, ancora oggi rintracciabili nelle pareti esterne della già ricordata "Via Coperta", fanno pensare che questo tipo di affreschi fosse già stato sperimentato in epoche precedenti e fuori dal Castello. Del resto, per quanto si può leggere nel testo del Baruffaldi, anche nella Gran Loggia della Delizia di Copparo il duca Ercole II fece dipingere, a grandezza d'uomo, i sedici principi che, a partire da Azzo IV, avevano regnato a Ferrara. Questi ritratti, IN gran parte eseguiti da Girolamo da Carpi tra il 1540 ed il 1544, finirono poi bruciati dall'incendio che nel 1808 distrusse la Delizia copparese.

Ma, al di là del fatto se già prima del XVI secolo ci siano stati o meno affreschi nei muri del cortile del Castello, oggi è comunque accertato che, o per recuperare dipinti precedenti o per aggiornarne l'elenco o per far dipingere per la prima volta i ritratti dei regnanti della Casa d'Este, fu Ercole II (e non il figlio Alfonso II) a commissionare l'inizio (o la ripresa) di quegli affreschi, che poi il figlio fece continuare e concludere, attraverso il lavoro di un gruppo di pittori comprendente i fratelli Bartolomeo e Girolamo Faccini, oltre a Ippolito Casoli e Girolamo Grassaleoni.

 

Antiche incisioni che riproducono i ritratti dei membri della famiglia d'Este: Nicolò e Lionello.Recenti documenti rinvenuti nell'Archivio di Stato di Modena hanno invece dimostrato che anche Leonardo da Brescia e, con un ruolo particolare, il ferrarese Ludovico Settevecchi hanno messo mano a quegli affreschi. Di Leonardo da Brescia, alcune scritture "contabli" della Corte documentano le somme da lui ricevute "per aver depinto personaggi atorno al cortile del Castello", mentre del Settevecchi si apprende che svolse una gran quantità di lavoro utilizzando i bozzetti che gli aveva preparato  Pirro Ligorio (chiamato a Ferrara da Alfonso II nel 1568).

Reduce di grandi successi ottenuti a Roma, il Ligorio venne a Ferrara nel ruolo di "antiquario del duca" e sappiamo che, pur non mettendo mano ai ritratti murali, affrescò le logge dei grandi porticati del Castello e ne adornò alcuni saloni, come quello "dei giochi" e quello "dell'aurora". Così come sappiamo che fu lui a riproporre nei suoi bozzetti l'origine germanico-longobarda dei primi regnanti della casa d'Este. Quanti e quali di quei bozzetti siano stati effettivamente utilizzati negli affreschi eseguiti in Castello non è dato sapere, rispetto, per esempio, ai trentatre ancor oggi conservati in alcuni musei (a Londra, a Oxford, a Firenze e a Monaco).

Sembra debba essere escluso che siano ligoriani i bozzetti usati negli unici tre loro riquadri arrivati sino a noi, seppure in condizioni disastrose. Nel primo sono effigiati Enrico IX e Obizzo IV, nel secondo si intravedono Folco III e Bonifacio IV, mentre nel terzo le due figure riprodotte sono irriconoscibili. Parlando di questi ultimi dipinti mi sono dovuto riferire alla memoria di quanti ricordano di averli visti, in anni lontani, all'interno del Castello, dal momento che nel 1969, per salvare quello che di loro restava, si decise di prelevarli e trasferirli alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara, dove si trovano tuttora.

 

Antiche incisioni che riproducono i ritratti dei membri della famiglia d'Este: Alfonso I ed Ercole II. Sicché, al giorno d'oggi, anche a seguito degli ultimi restauri operati in quel cortile, ogni più labile traccia del ciclo pittorico è stata definitivamente cancellata. A nostra consolazione, oltre i tre malridotti riquadri stivati in cantina, restano solo le memorie scritte di quanti hanno avuto motivo di interessarsi di quegli affreschi: dal Baruffaldi senior al Muratori, per arrivare al Frizzi, al Baruffaldi junior o al Cittadella.
Ma non faccia meraviglia se mi permetto di ricordare che anche il Tasso ebbe a richiamare quegli affreschi in due momenti diversi della sua produzione letteraria: in uno dei suoi Dialoghi (e precisamente in quello tra Antonio del Forno e Agostino Bucci, intitolato "Il Forno", dove il poeta trova motivo per ricordare quegli affreschi ordinati in "...una successione la quale è dipinta IN alcuni luoghi [...] e nel cortile del castello più ampiamente...") e in una delle Rime ("Peregrin, che mirando i color muti...") dove il Tasso sostiene che il forestiero, nell'ammirare quelle immagini e restando stupito per la grandezza dei personaggi in esse onorati, si rende conto di come il tempo stia già offuscando la loro gloria e come solo la poesia potrà eternarli davanti al mondo.

 

Antiche incisioni che riproducono i ritratti dei membri della famiglia d'Este: Guglielmo Adelardi.Dell'iconografia dinastica estense che ha ispirato gli affreschi del cortile del Castello ferrarese (o che da essi è stata ispirata), si possono ancora ricordare le undici incisioni riportate nelle Historie ferraresi di Gasparo Sardi (nella seconda edizione del 1646), poi i ritratti-medaglione riportati in alcuni manoscritti della Biblioteca Nazionale di Roma, di quella Estense a Modena e di quella Ariostea a Ferrara, oltre le tredici acqueforti di Caterino Doino, inserite da Antonio Cariola nel suo libro Ritratti de' Principi d'Este del 1641.
Forse farà sorpresa leggere quello che nel gennaio del 1624 l'Aleotti scrive a Cesare d'Este a Modena a proposito del citato acquafortista e dei ritratti nel Castello: "Da Venetia è venuto a stantiare a Ferrara un maestro Catharino Donini [...], ho trovato ch'egli ha intagliato un ritratto del Ser.mo Sig.r Principe Alfonso [...] Sono ito pensando che io mi trovo havere non solo il dissegno delle facciate del cortile del Castello qui di Ferrara, ma anco gli medesimi dissegni di tutti quei serenissimi heroi che in esso furno fatti dipingere dal Ser.mo Sig.r Duca Alfonso [...] Et n'ho volsuto (per obbligo mio) dar parte a V.A. Ser.ma et, insieme, metterli IN considerazione che, avendo fatto il Card. Serra alli anni passati far un poggiolo ferrato d'asse et coperto di canne, smaltate in gesso, lungo una delle facciate di detto cortile, et dato di calcina ai coppi del coperto, sono restate guaste tutte le immagini di quei ser.mi suoi antecessori [...] sarebbe pur bene conservare così veneranda et antica serie de' suoi gloriosi antecessori, facendo intagliar detti dissegni IN rame, con l'occasione del trovarsi qui questo galante huomo..."

Gli risponderà il duca Cesare di mandargli "un ritratto o qualche altra opera di quelle che intaglia in cortile quel Cattarino Donino [...] e del prezzo ch'egli pretende per ciascun ritratto, che le farà poi sapere il mio senso intorno a quel che m'ha proposto."



Antiche incisioni che riproducono i ritratti dei membri della famiglia d'Este: Bonifacio III e Matilde.L'argomento non appare più nelle successive corrispondenze, fino alla lettera del 10 maggio 1624 (anche questa inedita) che l'Aleotti manda al duca per anticipargli che "... ho giudicato debito mio il mandarle a l'A.V. [i disegni dei dipinti] perché, IN caso che io mi morissi un giorno, questi non andassero a male."  Così gli risponderà il duca Cesare: "Ho ricevuto i dissegni de' Principi della mia Casa che havete mandati, i quali mi sono stati carissimi, e vi ringrazio dell'amorevolezza e buon pensiero che a ciò v'ha mosso...". Ora, che i disegni citati dall'Aleotti siano quelli che già lui possedeva (ma fatti da chi?) oppure quelli fatti fare al Doino, probabilmente non lo sapremo mai, così come forse non sapremo mai della sorte loro toccata. Per intanto accontentiamoci di disporre di un piccolo tassello IN più della nostra storia.